Una morte che non si compie mai completamente

di Graziano Graziani

www.novantatrepercento.it n.50 “I MILLE NOMI DI DIO”

Chiudiamo questo 2025 di 93% scomodando nientemeno che la parola “Dio”. E non è il Natale alle porte la ragione di questa scelta, ma il desiderio di provare a sondare alcune questioni che animano il nostro presente. Un presente sempre più secolarizzato, che assieme alla trascendenza ha relegato nell’armadio della storia anche una serie di condotte morali – magari condivise anche dalle visioni laiche – indirizzate dalle condotte religiose. Ma anche volendo avvicinarsi al concetto di Dio con una prospettiva non religiosa, è impossibile non vedere in controluce in quella parola una narrazione così potente da innervare tuttora il nostro lessico, le nostre strutture mentali. Al di là della dimensione storica, dunque, c’è quella antropologica che fa i conti con una società sempre più individualizzata che vive la sua metamorfosi in modo certamente inquieto. Né è una riprova il fatto che, mentre da un lato i principi su cui le nostre società dicono di poggiare adottano come criterio il razionalismo e la scienza, dall’altro fioriscono narrazioni irrazionalistiche e antiscientifiche, sintomo (certamente preoccupante) di un profondo senso di malessere, della palese insufficienza del nostro modo di raccontarci il mondo. Le contraddizioni del ventunesimo secolo, d’altronde, sono sotto gli occhi di tutti, con il ritorno della religione come griglia ideologica per muovere guerre, attentati terroristici, o crociate contro le mutazioni frenetiche di quella che una volta si chiamava “morale pubblica”, il tutto dopo oltre un secolo tutto sospinto verso un progressismo sociale che sembrava aver archiviato certe questioni una volta per tutte. Si potrebbe rispondere che, nei cicli storici, a un’azione corrisponde spesso una “reazione” (anche nel senso politico del termine). Ma questo non spiegherebbe il senso di smarrimento che anima il presente, che rischia di richiamare in vita dal passato dei fantasmi – il nazionalismo, ad esempio – che già da tempo agitano le nostre notti insonni. C’è un aspetto più profondo, nella morte di Dio annunciata da Nietzsche già nel diciannovesimo secolo, una morte che non smette di avvenire ma che non si compie mai del tutto. Ed è quell’aspetto che abbiamo provato a indagare.
Abbiamo chiesto a una serie di autori di ragionare sul concetto di Dio, di provare a descrivere, ciascuno da una diversa prospettiva, cosa circoscriva oggi questa parola nel nostro linguaggio. Si comincia così con una riflessione della scrittrice Carola Susani, che prova a fare i conti con quelli che potremmo definire i tanti volti di Dio, i cui sguardi sono forse meno giudicanti del tempo in cui la religione innervava le società europee in modo ineludibile, ma non per questo meno presenti. Con Giuliano Battiston affrontiamo il jihad come motore ideologico di una parte del mondo musulmano, indagando la parabola distopica della fondazione di un nuovo califfato che è stato al centro dei conflitti in Siria e in Iraq. Ci rivolgiamo al teatro con la riflessione di Linda Jam, che attraverso le opere di Romeo Castellucci e Angelica Liddell prova a ragionare su quanto ancora il concetto di Dio – che sembra essere così distante dai temi sociali affrontati dal teatro politico o quelli interiori affrontati dai drammi contemporanei – possa essere ancora un motore in grado di generare questioni e processi artistici. Concludiamo con un’operetta morale contemporanea, un dialogo tra un credente e un non credente, allestita da Attilio Scarpellini, a metà tra il racconto e la riflessione filosofica. Non c’è sintesi possibile in questi approcci così diversi se non la constatazione della rifrazione, frammentaria ma ancora profonda, che quella parola è in grado di esercitare su di noi. D’altronde, se davvero ci arrischiassimo a cercarla, finiremmo per incappare in un’operazione impossibile, come il famoso bambino che cercava, con una conchiglia, di travasare il mare in una piccola buca.