Ultima Generazione. Riflessioni sulla crisi climatica

di Gioele Tomei

Tommaso Juhasz, di Ultima Generazione con Sara Casini all'incontro nell'ambito de "Il mondo è quadrato e saltella", ARTè, Capannori (LU), novembre 2024. Foto di Massimo Bianchini
Tommaso Juhasz, di Ultima Generazione con Sara Casini all’incontro nell’ambito de “Il mondo è quadrato e saltella”, ARTè, Capannori (LU), novembre 2024. Foto di Massimo Bianchini

Il mondo è quadrato e saltella giunge al suo secondo appuntamento. L’incontro di venerdì 29 novembre vede la partecipazione di Tommaso Juhasz, portavoce di Ultima Generazione, movimento nonviolento rivolto al contrasto dell’emergenza climatica. Sara Casini e Francesco Cecchetti, nel ruolo di intervistatori, guidano l’incontro attraverso le intricate problematiche connesse al tema ambientalista.

La serata entra nel vivo con la prima domanda, tanto scontata quanto doverosa: che cos’è Ultima Generazione? Un gruppo di “eco-vandali”, “terroristi” e “violenti”, cita Juhasz, rifacendosi ad alcuni termini utilizzati dai media, oppure «un movimento che attua dei processi democratici nel quadro della crisi climatica?». Una considerazione che mette subito sul tavolo la prima contraddizione che si interpone fra la coscienza del movimento e il tono dispregiativo con cui la narrazione mediatica lo dipinge. Il dibattito si concentra sui metodi dell’azione politica svolta da Ultima Generazione, cogliendo il fulcro della questione. Le azioni di disobbedienza civile ormai note a livello nazionale, quali il blocco del traffico e l’imbrattamento di monumenti e opere d’arte, sono attuate dal movimento in virtù della loro efficacia, perché sono in grado di interrompere lo scorrere della quotidianità, entrando con forte risonanza nel dibattito pubblico. L’obiettivo è accendere un riflettore su un’urgenza: la necessità di contrastare il collasso ecoclimatico e rendere l’argomento centrale nell’agenda pubblica. Se è vero che le modalità di protesta possono (o devono?) far storcere il naso a molti, è altrettanto vero che il livello di gravità della situazione richiede tutta l’attenzione possibile.

L’alterazione climatica ha un impatto globale con delle declinazioni locali, ed è facile riscontrarlo anche sul territorio nazionale: la stagione delle alluvioni nei mesi invernali lascia spazio a quella della siccità e degli incendi durante l’estate, evidenziando un incremento di fenomeni distruttivi che potremmo azzardare a definire delle “catastrofi annunciate”. Per questo motivo, afferma Juhasz, una delle principali richieste politiche di Ultima Generazione è quella della costituzione di un “fondo di riparazione”: venti miliardi di euro stanziati in forma preventiva per riparare i danni dell’emergenza climatica. Una richiesta ambiziosa, visti i pochi sforzi compiuti dai vari governi nel combattere o perlomeno arginare la crisi climatica, ma non per questo meno necessaria. Le azioni di Ultima Generazione hanno, in definitva, questo obiettivo: costringere i governi a scendere a patti con la realtà, con l’incombenza di dover affrontare il cambiamento climatico e con la necessità di doverlo fare insieme. Per quanto la costruzione di una responsabilità individuale sia fondamentale, la dimensione collettiva è però il campo d’azione in cui è possibile fare qualcosa, ed è lì che si concentra l’attivismo del movimento.

Il secondo punto affrontato è quello del conflitto. Come si sposano gli elementi conflittuali iscritti nei metodi del movimento con la sua natura non violenta? Juhasz porta qui l’attenzione su una combinazione inusuale di concetti, parlando di “cura del conflitto”: un certo grado di violenza è parte dell’esistenza di tutti, a partire dallo scorrere del tempo, afferma il portavoce. Il tempo impatta sulla nostra vita quotidiana e sembra perciò impossibile non constatare che l’automobilista fermo nel traffico a causa di un blocco stradale subisce, in un certo senso, una forma di violenza. Essa non è altro però che un mezzo funzionale all’instaurazione di un dialogo. Introdurre alla consapevolezza riguardo le problematiche ambientali è una necessità che – secondo Juhasz – occorre avere il coraggio di affrontare. Secondo i dati da lui esposti, infatti, circa il settanta percento della popolazione italiana si dice molto preoccupata riguardo la crisi climatica; ma questo sentimento diffuso deve essere convogliato in una una direzione politica (che ancora non possiede) per produrre un effetto. D’altronde, se è vero che un certo grado di violenza permea l’intera sfera dell’esistente, non si può tacere di quella “sistemica”, generata dal complesso di rapporti di forza in cui siamo immersi. La violenza sistemica costringe le persone a vivere ritmi frenetici, a dedicarsi a consumi sempre più insostenibili, tanto da sollevare un dubbio: è più violento chi costringe a “prendere” o chi costringe a “perdere” il tempo della riflessione? Trovare il tempo e lo spazio per la messa in discussione degli standard di vita occidentali non è solo un’esigenza di cui già conosce la criticità di quegli standard, ma anche un’azione necessaria per responsabilizzare chi non la conosce.

Ed è da queste premesse che si giunge a toccare uno dei punti cruciali della serata, ovvero la relazione fra Ultima Generazione e il mondo della politica. Alla domanda volutamente provocatoria «Perché non vi candidate?», Juhasz sorride. Le azioni di disobbedienza civile non vengono svolte nell’ottica di generare un consenso in termini elettorali. L’idea è quella di portare un conflitto attraverso il quale instaurare poi un dialogo. Un metodo consapevolmente polarizzante, che sembra spingere a far parlare, sia in bene che in male. La via radicale sposta “la finestra di Overton”, aggiunge il portavoce, ovvero lo spettro di accettabilità delle idee e dei metodi politici. «Se Ultima Generazione arriva a bloccare il Grande Raccordo Anulare, allora io posso trovare le energie per impegnarmi nel mio piccolo», è il pensiero che gli attivisti si augurano di suscitare nella mente di chi assiste alle loro gesta, spiega Juhasz, con l’intenzione di formare nuovi modi di trasformare la realtà piuttosto che generare consenso elettorale. Inoltre, fondare un partito è incredibilmente complesso e dispendioso. Si potrebbe però pensare alla creazione di assemblee cittadine: «Quale partito si mobiliterebbe contro l’utilizzo dei Jet privati? Nessuno. Ma forse un gruppo di cittadine e cittadini potrebbe farlo». Le parole di Juhasz trasmettono una certa disillusione nei confronti del sistema partitico, che sembra essere una delle cause scatenanti della crisi climatica, più che un possibile agente risolutore. Ed è forse questo il punto su cui Ultima Generazione appare più fragile: se, da una parte si ricerca la via della sensibilizzazione collettiva, dall’altra sembra che non si riesca però a schierarsi a sostegno di una visione d’insieme nettamente politica che sappia portare quelle stesse tematiche in Parlamento. Manca ancora una capacità di sintesi, indubbiamente più facile a dirsi che a farsi, fra la dimensione globale della problematica e la necessità politica di agganciarsi alle realtà locali, partendo dai confini nazionali o, perché no, regionali e comunali. Benché buona parte della politica di palazzo sia visibilmente disinteressata a risolvere l’emergenza climatica, esistono senz’altro delle valide alternative che potrebbero essere capaci di accompagnare la lotta al cambiamento climatico nelle aule in cui vengono prese le decisioni sul futuro del nostro pianeta. Ma, come sottolinea Juhasz, il movimento si trova in una fase di grande crescita e trasformazione, chissà che un giorno questa posizione di distanza dalla politica istituzionale non possa cambiare.

 

 

Gioele Tomei

Laureato in Filosofia e Forme del Sapere all’Università di Pisa, si occupa di didattica e svolge attività di volontariato nel gruppo “Emergency” Mediavalle-Garfagnana. È inoltre appassionato di fotografia e attento alle tematiche sociali e ambientali.