Prospettive teatrali
Abbiamo chiesto a tre giovani critici di riflettere sul rapporto fra testo e non verbalità a teatro.
Abbiamo ricevuto contributi molto diversi negli argomenti ma per certi aspetti affini nel tono.
Sergio Lo Gatto, partendo dal Macbettu di Alessandro Serra, ragiona su cosa accade quando in scena gli attori si muovono e parlano molto, ma in sardo; su cosa succede quando, come in Bestie di scena di Emma Dante, la parola si riduce a segno minimo in un paesaggio di corpi denudati; a cosa succede quando, come in Aurora di Alessandro Sciarroni, in teatro la parola scompare.
Gaia Clotilde Chernetich, invece, si sofferma sui limiti linguistici che il ragionare sulla danza fatalmente incontra, su ciò di cui sono sintomo, sulle loro implicazioni e sull’opportunità, o forse necessità, di una diversa collocazione della danza nell’universo dei linguaggi dell’arte.
Enrico Pastore, infine, parte dai Veda per lanciare una provocazione: perché non tornare ad immaginare che il motore sia il luogo, il gesto, l’azione che si fa necessità e solo a quel punto eventualmente urlare o sussurrare?