Riflessioni su un mondo che saltella

di Graziano Graziani

Seoul, Corea del Sud. Foto da unsplash.com

La crisi climatica, le migrazioni, il confronto sempre più necessario con il passato coloniale. Solo solo alcune questioni del presente che sembrano allo stesso tempo urgenti e irrisolvibili. Il nostro tempo, così convulso e privo di quei punti fermi che un tempo erano rappresentati dalle ideologie politiche, sembra difficilmente decifrabile. Eppure il dibattito pubblico, anziché uscire annichilito o al limite disorientato da questa condizione (qualcuno lo è), sembra piuttosto essersi infilato in una spirale di polarizzazione del pensiero, sull’onda delle dinamiche social, dove il confronto con il pensiero altrui diventa quasi impossibile.
Polarizzazione e digitalizzazione hanno trasformato il dibattito pubblico in un’arena dove le questioni etiche hanno apparentemente un certo peso, forse persino più che in passato, ma allo stesso tempo questa affermazione diventa solipsistica, o tutt’al più relegata a una sfera di persone che la pensano come noi (le famose filter bubble). D’altronde l’incontro con l’alterità costa fatica, persino “dolore”; e se è vero quel che mette in evidenza Byung-Chul Han ne La società senza dolore – dove parla della tendenza delle società odierne a creare ambienti anestetizzati, che espellano il dolore prima ancora che esso si manifesti – aprirsi alla dolorosa scomodità di un pensiero radicalmente diverso dal mio diventa una prassi quasi inimmaginabile. Si preferisce costruire una società dove domina l’identico – come rileva Silvia Capodivacca proprio a partire da Han in un articolo su guerra e pacifismo per La Ricerca, raccontato su Radio3 – che tuttavia finisce per trasformarsi in un inferno dell’uguaglianza. A spingerci a questo la paura del conflitto e del dolore che da esso può derivare.

Come fare a invertire la rotta? Il primo passo da fare è certamente a guardarsi attorno. Fuori dai social, andando a cercare il pensiero altrui tra le persone che vivono i nostri stessi luoghi di lavori, vanno nei locali dove andiamo noi, frequentano le stesse palestre, ma con i quali abbiamo smesso di confrontarci. Questa almeno è la ricetta – non risolutiva, ovviamente, ma interlocutoria certamente sì – che ha proposto Roberto Castello e ALDES | SPAM! nel disegnare una rassegna di incontri intitolata Il mondo è quadrato e saltella. Tra il 22 novembre e il 6 dicembre 2024 presso la sala Artè di Capannori si sono svolti tre incontri dedicati ai temi spinosi, irrisolti del presente, cercando ogni volta di stimolare il dialogo, il confronto, senza necessariamente cercare una composizione di tutti i pareri.
La prima tappa era intitolata Riflessioni sul colonialismo, protagonista Moni Ovadia; nella seconda, affidata alle riflessioni del portavoce di Ultima Generazione, Tommaso Juhasz, si è riflettuto su La necessità di agire; infine la terza, dedicata al tema delle identità ha visto confrontarsi le differenti opinioni di due scrittrici afrodiscendenti, Saba Anglana e Anna Maria Gehnyei. Con una bella partecipazione da parte della cittadinanza e anche delle istituzioni (Claudia Berti, assessora alla cultura del comune, è stata presente a tutti gli incontri) si può dire un esperimento riuscito. Questo numero di 93% prova a riassumere tanto i tre incontri quanto le premesse e le riflessioni che li hanno preceduti, per depositare un po’ del pensiero che si è generato durante la rassegna, come stimolo per confronti futuri.