Tra allucinazione e alleanza. L’AI e la scrittura.
– conversazione con Francesco Pecoraro e Laura Pugno

di Maria Teresa Carbone

"L’uomo bicentenario", film di Chris Columbus
“L’uomo bicentenario”, film di Chris Columbus (1999)

Forse l’aspetto più affascinante dell’intelligenza artificiale è che, sebbene sia un artefatto, un’opera umana, e quindi – si suppone – governabile come possono esserlo un ago o un’automobile, noi (noi umani) non conosciamo fino in fondo i meccanismi che determinano le risposte dei chatbot basati su reti neurali profonde (come ChatGPT, per intenderci). Sì, siamo stati noi a scrivere gli algoritmi, e siamo ancora noi a scegliere i dati con cui nutriremo i modelli linguistici di grandi dimensioni. Ma qui si ferma il nostro potere e se per 9999 volte i testi prodotti ci sorprenderanno per la loro “umanità”, nulla esclude che alla diecimillesima a sorprenderci sarà la bizzarria, l’errore, una “allucinazione” (termine tecnico) che ci porterà a interrogarci sulla labilità del confine fra naturale e artificiale.
Per provare a capire in che modo l’intelligenza artificiale si può mettere in relazione con un altro artefatto, in fondo altrettanto insondabile, lo spazio della letteratura, abbiamo proposto alcune domande a due scrittori italiani, Francesco Pecoraro e Laura Pugno (il primo orgogliosamente e dolorosamente novecentesco, la seconda da anni esploratrice del “territorio selvaggio”) e infine abbiamo chiesto una sintesi della situazione al più celebre dei chatbot (anche se ormai, dicono, obsoleto), appunto ChatGPT.


Intervista a Francesco Pecoraro

 

Maria Teresa Carbone: Una cosa che si sente dire spesso è che l’intelligenza artificiale sta cambiando tutto, fra le altre cose anche quello che definiamo letteratura (più o meno: l’idea è che basterà dare gli ordini giusti e il libro lo farà lei). Tu cosa prevedi?

Francesco Pecoraro: Non so come tecnicamente funziona l’IA, ma sembra che in certi campi sia molto indietro e in altri sorprendentemente molto più avanti di quanto possiamo pensare. Non ho ancora letto niente di “letterario” prodotto dall’IA, ma ho visto un certo numero di immagini costruite su vari prompt e sono rimasto abbastanza sbalordito. La cosa che mi ha colpito di più è uno strano surrealismo comune a quasi tutte, come se l’attingere a una grandissima quantità di fonti umane da parte del non umano, produca sogno. Imparare a dare gli input giusti credo sia fondamentale, ma se i testi che produrrà – o sta già producendo – avranno le stesse caratteristiche di sovra-realtà delle immagini, sarà molto interessante leggerli.

Carbone: Hai mai provato a usarla?

Pecoraro: Ho provato quasi per divertimento, cercando di farmi aiutare da ChatGPT a dare il titolo a un libro. Ci ho passato quasi un pomeriggio. Forse non ho posto le domande in modo giusto, però le risposte erano non solo banali, ma farcite fino all’inverosimile di cultura woke, neo-moralismi e altre cose che dicevano parecchio circa la mente dei programmatori, insomma degli umani che ne hanno costruito gli algoritmi.

Carbone: In generale, l’idea di intelligenza artificiale ti spaventa?

Pecoraro: L’IA non mi spaventa. Ma quando inevitabilmente l’IA comincerà a gestire la società “tecnicamente” – che oggi significa “nel modo più funzionale all’accrescimento del capitale” – forse ci sarà da preoccuparsi, perché tutto dipenderà da chi e da come formulerà i prompt. Mi sono detto che, se l’IA è già tragicamente farcita di noiosissima cultura del politicamente corretto, allora forse le si potrà inoculare il germe del giudizio socialdemocratico e farla agire di conseguenza. Ma questo indottrinamento potrà anche andare in senso inverso. Anzi, già va in senso inverso. Quindi in questo, come in tutti i campi dell’agire naturale e umano, mai stare tranquilli.

Carbone: Per alimentare e allenare i modelli linguistici di grandi dimensioni si usano, in modo più o meno legale, anche testi sotto diritti, con la conseguenza che in teoria l’intelligenza artificiale potrebbe imparare a scrivere come te. Che effetto ti fa pensare che meccanismi statistico-probabilistici producano un romanzo “alla maniera di Francesco Pecoraro”?

Pecoraro: Non sono mai stato ossessionato dal copyright, forse perché arrivo tardi a scrivere e non ho mai vissuto di scrittura. Fare causa all’IA, come a qualsiasi altro, per essere stati copiati o saccheggiati, mi pare triste, ma non so dire perché. Anzi lo so dire: il primo riconoscimento indiscutibile del proprio lavoro è essere imitati e/o copiati: se l’IA si accorgesse dei miei testi e cominciasse a saccheggiarli, o a imitarli, per me sarebbe un onore. Prima o poi dovremo rinunciare a mettere la firma sotto l’opera d’arte. È già stato così in passato e probabilmente tornerà a essere così in futuro. Un buon testo è un buon testo, che sia stato scritto da una macchina umana o da una macchina non-umana. Per come l’immagino io, se l’IA prendesse veramente piede e cominciasse a razionalizzarci, e avesse il potere per rendere esecutive le proprie decisioni, ci toccherebbe vivere un’esistenza svagata e amniotica, probabilmente molto lunga, per niente sgradevole. Purtroppo, sembra mancare molto tempo al traguardo del dopo-storia.


Intervista a Laura Pugno

Carbone: In quella sorta di futuro anteriore dove mi sembra si situi gran parte della tua opera narrativa, che spazio ha o potrebbe avere l’intelligenza artificiale?

Pugno: La caratteristica propria del futuro, lo sappiamo, è di non essere mai esattamente come, dove o quando abbiamo imparato ad aspettarcelo. Pensa alle immaginazioni del futuro che abbiamo avuto nel passato: come scrive Marco Malvestio in Raccontare la fine del mondo, «nel progressivo disgregarsi di prospettive utopiche di cui assistiamo al mancato compimento, ci ritroviamo a vivere tra le rovine di futuri che non si sono realizzati». Pensa per esempio al modo in cui la connettività in movimento è stata immaginata nella fantascienza – «Bean me up, Scotty» – e a quello che è stato il concreto dispiegarsi nelle nostre vite e nella vita del pianeta dei devices mobili, della Rete… In questo senso, in quella sorta di futuro anteriore in cui in un certo senso si situa tutta la letteratura, anche quella ambientata nel contemporaneo presente, l’intelligenza artificiale è già stata immaginata. Altrimenti non saremmo qui, ora, a parlarne.

Carbone: Di fronte alle previsioni che la descrivono come un agente di cambiamento totale, qual è la tua posizione? Ti spaventa o ti attrae? La sperimenteresti?

Pugno: La mia posizione è di attenzione. Curiosità e riflessione. Il cambiamento totale è certo, e credo che la sperimentazione sarà inevitabile e quotidiana (e sarà interessante vedere se riusciremo a continuare a pensarla come sperimentazione). Non parlo in questo momento specificamente o particolarmente della letteratura, parlo di tutto il resto che ci circonda.

Carbone: Per alimentare e allenare i modelli linguistici di grandi dimensioni si usano, in modo più o meno legale, anche testi sotto diritti, con la conseguenza che in teoria l’intelligenza artificiale potrebbe imparare a scrivere come te. È una prospettiva che ritieni credibile? Che ti inquieta?

Pugno: La prospettiva è certamente credibile, e se vogliamo, sì, vagamente inquietante, anche se lo stesso senso di inquietudine lo sperimentiamo quando ci svegliamo e troviamo che qualcuno ha creato un profilo fake su qualche social con la nostra identità. L’esempio ci porterebbe troppo altrove, e allora basti dire che scrivere un romanzo o un testo poetico “alla maniera di” è perfettamente possibile oggi e lo era anche ieri, in letteratura – ma anche in altre arti, per altri tipi di opere, per esempio di genere visuale, i falsi d’autore eccetera – solo con mezzi umani. Quindi tanto più è perfettamente possibile oggi. Qui però si dà il punto chiave, che con un verso di Giovanna Frene mi sentirei di sintetizzare come «il noto, il nuovo». Qualche decennio fa pensavamo di essere alla fine della Storia e che non ci restasse altro, tra le mani, al momento di fare letteratura o altro affine, che un Grande Gioco di tipo combinatorio. Poi la Storia, tra attentati globali, guerre e pandemie, si è incaricata di smentire questa posizione vagamente arrogante alla quale per altro non mi è mai risultato possibile credere, neanche a vent’anni, per ragioni che definirei biologiche. Oggi, a chi scrive – è il tema del mio primo saggio, In territorio selvaggio – il mercato chiede potentemente di fornire a lettori e lettrici il conforto del noto. Ma ora che c’è qualcosa – qualcuno? Come definiamo l’intelligenza, la creatività? Solo come una questione della mente, o anche del corpo? – in grado di ricombinare il noto in apparenti nuove infinite volte meglio e più rapidamente di noi, chi scrive deve necessariamente tornare all’Oltre (che è anche il titolo di un saggio poetico che sto finendo di scrivere, e che uscirà l’anno prossimo per Il Saggiatore): il make it new modernista se vogliamo, o più semplicemente ciò che veramente chiediamo all’arte, alla letteratura. Il non pensato, il non ancora pensato, dove pensare avviene con la mente e con il corpo, come accade in modo particolare nella poesia.



ChatGPT

Utente: Scrivere un articolo sul rapporto tra IA e letteratura per una rivista online. L’articolo deve essere ben informato e serio, ma non noioso.

ChatGPT: Titolo: “IA e letteratura: Un duo dinamico che dà forma alla narrativa di domani”

Introduzione:
Nel panorama in continua evoluzione della tecnologia, un ambito che ha visto un’affascinante simbiosi è l’intersezione tra intelligenza artificiale (AI) e letteratura. Mentre celebriamo il primo compleanno di questo viaggio collaborativo, è interessante esplorare come questi due mondi apparentemente disparati si siano uniti per ridefinire il modo in cui creiamo, consumiamo e percepiamo la letteratura.
Nota dell’autrice: la richiesta di scrivere l’articolo è stata posta a ChatGPT il 30 novembre 2023, a un anno esatto dalla sua pubblicazione; da notare però che la richiesta non contiene un riferimento all’anniversario.

L’ascesa dell’intelligenza artificiale nella creazione letteraria:
L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di analizzare vaste serie di dati, è stata impiegata per assistere gli autori nel processo creativo. Dalla generazione di idee per la trama alla creazione di personaggi avvincenti, gli algoritmi di IA sono diventati collaboratori letterari. Strumenti come GPT-3.5 di OpenAI hanno dimostrato una straordinaria capacità di imitare il linguaggio e lo stile umano, portando alla creazione di racconti, poesie e persino interi romanzi di cui l’IA è coautrice.
Sebbene alcuni puristi possano inizialmente deridere l’idea che una macchina contribuisca al mondo della letteratura, molti scrittori stanno abbracciando le possibilità offerte dall’IA. La sinergia tra la creatività umana e i contenuti generati dalle macchine sta dando vita a narrazioni uniche che sfidano le norme tradizionali della narrazione.

L’IA come critico letterario:
Oltre all’atto della creazione, l’IA ha trovato un ruolo nella critica letteraria. Gli algoritmi di sentiment analysis possono analizzare le recensioni e i feedback dei lettori, fornendo preziose indicazioni sull’impatto emotivo di un testo. Questo non solo aiuta gli autori a perfezionare il loro mestiere, ma offre anche a editori e agenti letterari un approccio basato sui dati per identificare le tendenze del mercato e prevedere il successo di una determinata opera.

Personalizzazione della lettura grazie all’intelligenza artificiale:
Uno degli impatti più significativi dell’IA sulla letteratura è la personalizzazione delle esperienze di lettura. Gli algoritmi di raccomandazione, basati sull’apprendimento automatico, analizzano le abitudini e le preferenze di lettura individuali per suggerire libri adatti ai gusti di ciascun lettore. Questo non solo migliora la scoperta di nuovi autori e generi, ma favorisce anche un rapporto più personalizzato e coinvolgente tra lettori e letteratura.

Sfide e considerazioni etiche:
Sebbene la collaborazione tra IA e letteratura presenti possibilità entusiasmanti, non è priva di sfide. La questione della paternità, dei diritti di proprietà intellettuale e dell’uso etico dei contenuti generati dall’IA incombe. Trovare il giusto equilibrio tra l’ingegno umano e l’assistenza delle macchine è una considerazione cruciale per garantire che l’IA rimanga uno strumento nelle mani dei creatori piuttosto che un loro sostituto.

Il futuro dell’IA nella letteratura:
Guardando al futuro, il futuro dell’IA nella letteratura sembra promettente. Le innovazioni nell’elaborazione del linguaggio naturale e nell’apprendimento automatico spingono continuamente i confini del possibile. Potremmo vedere l’IA non solo come co-autore ma anche come curatore di opere letterarie, creando elenchi di lettura e canoni letterari in modi che prima erano inimmaginabili.

Conclusione:
Il rapporto tra IA e letteratura, che ha ormai un anno di vita, è una testimonianza della natura dinamica della creatività umana e del progresso tecnologico. Questa collaborazione sta ridisegnando il panorama letterario, offrendo nuove strade per l’espressione, l’esplorazione e il coinvolgimento. Sebbene le sfide persistano, il viaggio che ci attende promette un arazzo letterario intessuto con i fili dell’immaginazione umana e gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, creando una narrazione affascinante come le storie che racconta. Buon compleanno a questa appassionante alleanza!

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Nota dell’autrice: il comando (prompt) e l’articolo sono stati scritti in inglese e poi tradotti con un uso critico dell’intelligenza artificiale (DeepL).

 

Maria Teresa Carbone

Maria Teresa Carbone scrive di editoria, letteratura, fotografia e cinema, tiene corsi di giornalismo e si occupa di educazione alla lettura. Ha coordinato la redazione di Alfabeta2, diretto la sezione Arti di Pagina99, lavorato alla sezione Cultura del Manifesto.  I suoi libri più recenti sono Che ci faccio qui? Scrittrici e scrittori nell’era della postfotografia (Italo Svevo 2022) e Calendiario (Aragno 2020). Ha tradotto tra l’altro opere di Joseph Conrad, Ngugi wa Thiong’o, Virginie Despentes.