Una proposta neoanimista
il decalogo di Ruy Duarte de Carvalho
Antropologo sociale, documentarista, ma soprattutto scrittore e poeta, Ruy Duarte de Carvalho, pur essendo nato a Santarém, non lontano da Lisbona, decide di assumere la cittadinanza angolana. È il 1975 e non si tratta di una data casuale. L’anno precedente era crollato il regime salazarista, anche a causa della sua anacronistica ostinazione nel cercare di mantenere in vita un impero decadente, ricorrendo alla ferocia delle guerre coloniali per arrestare un processo di decolonizzazione già completato nel resto del continente.
In Italia Ruy Duarte de Carvalho è stato poco tradotto, c’è solo un romanzo pubblicato nel 2007 da La Nuova Frontiera e una plaquette bilingue realizzata dalle edizioni Vittoria Iguazu. Tra le prospettive più interessanti dell’autore angolano c’è una critica profonda all’etnocentrismo europeo, con l’obiettivo di rigettare le categorie epistemologiche occidentali al fine di aprire la strada a una prospettiva africana. Filosofi africani contemporanei come il congolese Valentin Mudimbe (che è anche poeta), con i quali Duarte de Carvalho era in connessione e dialogo, hanno sottolineato il fatto che gli autori africani, al pari di quelli europei, spesso utilizzano categorie formulate all’interno del sistema epistemologico occidentale, replicando modelli di analisi e sistemi concettuali. In questo modo una prospettiva africana può finire per assorbire il punto di vista occidentale come implicitamente universale, come fu il caso – secondo Mudimbe – del movimento letterario della négritude, concetto criticato anche dal poeta nigeriano e premio nobel Wole Soyinka.
Nell’ultimo periodo della sua attività Ruy Duarte de Carvalho elabora un progetto che resta incompleto a causa della sua scomparsa nel 2010: il progetto di un decalogo neoanimista. Il poeta angolano si rivolge, con l’assertività della formula del manifesto e la visionarietà della formulazione poetica, alle credenze tradizionali africane raccolte sotto il termine ombrello di “animismo”, non con lo scopo di “recuperare” tali tradizioni, ma piuttosto con l’idea di interrogarle rispetto al presente. L’obiettivo è quello di mettere in crisi l’universalismo europeo, ma senza romanticizzare il passato e la tradizione; piuttosto si tratta di giustapporre le conoscenze, i saperi, allo scopo di ampliare la prospettiva di osservazione secondo un’ottica che sia in grado di superare il “paradigma umanista”. Sotto la lente della critica non c’è solo il pensiero dominante, con le sue categorie, ma anche le pratiche di sfruttamento delle risorse, secondo una prospettiva di dominio della specie umana sull’esistente che ha portato alle odierne crisi ambientali che stiamo vivendo. Criticare l’idea di “dominio” significa anche rendersi contro che l’esperienza umana è parte di una fitta rete di relazioni senza la quale non potrebbe neppure darsi.
Il decalogo di Ruy Duarte de Carvalho è disponibile online in lingua portoghese e inglese (https://www.buala.org/en/ruy-duarte-de-carvalho/neo-animist-decalogue), mentre di seguito ne forniamo una versione in italiano. L’autore lo definiva una “prima proposta” di decalogo, per due ragioni: in primo luogo perché un decalogo neoanimista definitivo per definizione non può esistere, poiché esso è per sua natura soggetto a una incessante rielaborazione; in seconda battuta perché questo potrebbe essere semplicemente il primo di una incessante serie di decaloghi, redatti di volta in volta per rispondere alle sfide del presente.
1 – Pur partendo da una concezione animista, secondo la quale ogni cosa nel mondo ha egualmente un’anima, che ogni esistenza esprime secondo il corpo che ha, e secondo la sostanza che la sostiene, la designazione di “neoanimismo” serve a nominare un programma di azione ordito allo scopo di interrogare il paradigma umanista dominante, che conduce la marcia del mondo esteso all’esercizio e alla responsabilità dell’intera specie umana, ma secondo la grammatica imperativa prodotta e mantenuta operativa esclusivamente da una parte di essa.
Per i neoanimisti la proposta e l’attuazione di questo programma è un compito primario. Questo programma, tuttavia, non intende utilizzare soltanto riferimenti provenienti dalla grammatica del paradigma animista, ma anche quelli di tutti i paradigmi culturali o di civiltà inventariabili nel passato e nel presente in tutte le parti del mondo dove la specie umana ha prodotto, o produce, interrogazioni, riflessioni, invenzioni, concetti, norme e assi di azione.
2 – Il paradigma umanista, imposto all’intera specie attraverso la completa occidentalizzazione del mondo, e risultate dalla collocazione ideologica e idealistica della terra al centro dell’universo, e dell’uomo al centro della creazione, del divino in opposizione al resto della natura, con l’obiettivo di garantire, in seno alla creazione, un luogo di elezione e privilegio per l’uomo, produce necessariamente e obbligatoriamente luoghi di elezione e privilegio per determinati uomini e gruppi di persone, promuove incessantemente impasse che mettono in discussione la fortuna e il destino dell’intera specie e, forse, della creazione stessa (senza riuscire necessariamente a risolvere o ad annullare le impasse precedenti, che hanno dato origine alle successive). La specie, in generale, ne è oggi interamente consapevole; da qui la profusione di allarmi catastrofici come parte del pacchetto di azioni politiche e civili del presente.
3 – Ogni opposizione, anche rivoluzionaria, al corso della storia nel quadro umanista, si è impegnata sempre in proposte, adozione o imposizione di rimedi che sono all’interno dello stesso paradigma umanista. Per i neoanimisti ciò che importa è mettere in discussione il paradigma umanista stesso. Questo è il loro primo compito, e cercheranno sempre di affrontare i fondamenti dei vari paradigmi invece di lasciarsi intrappolare in questioni sulle possibili modalità del paradigma umanista.
4 – L’intervento neoanimista, pur riconoscendo che la dinamica del paradigma umanista si impone, si è imposto e si imporrà a tutta la terra abitata e disabitata (è un fatto innegabile, in pieno svolgimento e inarrestabile, perché integrato culturalmente nella dinamica inventiva trasformativa che sostiene l’intera specie), si propone di convocare – per il recupero e l’adeguamento al tutto del destino dell’essere umano – azioni, intendimenti e politiche fondate su altri paradigmi ugualmente prodotti dalle culture degli esseri umani; e convocare, oltre a ciò, tutti i saperi disponibili, riconosciuti o meno, inclusi i saperi che derivano da produzioni umaniste, al di là di quelli situati nei domini della scienza e delle ideologie, come ad esempio la saggezza e la poesia. I neoanimisti sanno che le dinamiche trasformative della specie sono patrimonio della specie stessa, e non solo di coloro che il paradigma umanista produce o addomestica.
5 – L’inventario di tutte le impasse umaniste presenti, passate e future è un compito neoanimista. Ad esempio: il sistema economico prodotto e instaurato dal paradigma umanista collassa quando l’economia non cresce. Il presente della specie, invece, indica una recessione della crescita demografica in Europa, probabilmente consumabile nel termine della dimensione globale del mondo. Presto, molto presto, si innescherà una recessione dei consumi…
6 – Secondo quanto sembra essere sempre avvenuto fin dal passato più remoto – poiché il corso della storia governato dal paradigma umanista porta a impasse o a eccessi più grandi ed evidenti (ad esempio: basso impero, basso medioevo, critica della ragion pura, scientismo) – il paradigma umanista, attraverso i dissidenti che esso stesso produce, evoca altre ragioni e altri saperi (Plotino/Porfido, Rinascimento, Leibniz/Vico – impedendo il progresso – romanticismo, dada-surrealismo). Questo è quello che tenderà ad accadere da ora in avanti, l’emergere di proposte eterodosse di fronte all’esaurimento, e allo spettacolo, di rimedi e catastrofismi… La catalogazione di tutte le critiche all’umanesimo, alla dittatura della ragione scientifica, all’ideologia del progresso, all’autorità della coercizione tecnologica alle dinamiche della crescita delirante e autofaga è un compito neoanimista.
7 – Criticando o combattendo il paradigma umanista e prospettando il recupero di politiche di equilibrio, i neoanimisti intendono come prima cosa ricollocare il disimpegno e la libera esistenza delle persone in equilibro, appunto, con gli interessi comuni delle persone – di tutte le persone e di tutta la creazione.
8 – Non spetta ai neoanimisti inventare qualcosa o sentirsi obbligati a farlo. Piuttosto occorre insistere nel convocare tutti i saperi, rivedere tutti i dati, i documenti e i materiali disponibili. Essi possono rivelare altre risposte, a condizioni altre e tempi altri, risposte ulteriori a quelle che consultatori precedenti hanno decifrato in loro, o chi li ha raccolti e organizzati.
9 – Il neoanimismo non è una scuola, né una chiesa, né una setta, né un partito, né un gruppo o una cellula d’azione. Pur comprendendo che il paradigma umanista non detiene l’esclusiva delle modalità, delle misure, dei dispositivi necessari e pertinenti all’esercizio della vita e della traiettoria della specie per i campi della terra e del mondo, i neoanimisti non perdono di vista il fatto che l’emergere stesso di un movimento che si vuole ben definito è un risultato e un omaggio all’autorità e alla traiettoria del paradigma umanista.
10 – Ammettendo quindi che, sebbene la condizione del mondo e degli uomini faccia parte dell’inquietante evidenza che la misteriosa incombenza dell’esistere implica la vita in società e un fatale apparato di istituzioni, governi, egemonie, deleghe e norme collettive di gestione delle risorse, controllo dei comportamenti e copertura delle relazioni, i neoanimisti intendono agire e farsi sentire perché comprendono che il paradigma umanista non detiene l’esclusiva delle modalità, delle misure, dei dispositivi necessari e pertinenti alla vita in società, e non sempre adotta quelli che sembrerebbero maggiormente adeguati all’integrazione delle situazioni che essa genera, instaura, sostiene e riproduce. Altri paradigmi accantonati e non presi in considerazione, perché provenienti da culture dominate o annichilite dall’Occidente, possono essere recuperati e adattati alle situazioni rilette oggi, oppure inventati a partire dalla riconsiderazione dei loro stessi fondamenti, stigmatizzati come arcaici dal processo di imposizione della civilizzazione occidentale. Ciò può essere valido e pertinente sia per l’esercizio di politiche di potere e controllo che per quelle di manutenzione e riproduzione della specie, così come per le politiche di apprendimento ed espressione delle persone.
11 – Stiamo tutti insieme, tutti sulla stessa barca, tutti gli uomini e tutto ciò che esiste nell’universo intero. E se ci sono altri universi, anch’essi, ancora, saranno assieme a noi sulla medesima barca. E Dio non è un’entità… È la totalità di un processo creativo, indecifrabile e in divenire, del quale ciascuno di noi, persona, animale, pietra, erba, astro, asteroide, vento, respiro e sospiro, disgusto e dolore, euforia e gloria, è parte integrante e inalienabile…
Ruy Duarte de Carvalho
Ruy Duarte De Carvalho è stato un regista, scrittore e poeta. Angolano di origine portoghese, è una delle voci più interessanti, complesse e complete della letteratura angolana contemporanea. Antropologo di formazione, dottorato a Parigi, professore nelle università di Luanda, Coimbra e San Paolo, è autore, negli anni immediatamente successivi all’Indipendenza del suo paese, di una vasta produzione di documentari. Ha pubblicato una vasta opera poetica e in prosa, riconosciuta nel 1989 con il Premio Nazionale di Letteratura angolana. La sua scrittura riflette su temi come la guerra, il rapporto tra culture rurali e culture urbane, tra nord e sud del mondo, la corruzione, il concetto di sviluppo.