Perché ridete?

di Francesca Gironi

Francesca Gironi, foto di Plinio Marsan
Francesca Gironi, foto di Plinio Marsan

«Questa non è una poesia. Questo è il retro. Avete sbagliato.»

Nella celebre audiopoesia dal titolo Retro, Corrado Costa ripete per otto minuti la parola «retro» alludendo al retro del nastro e invitando l’ascoltatore a girare il lato della cassetta. Ci chiama «testoni» perché continuiamo ad ascoltare la parte sbagliata, quella dove non c’è niente o meglio quella dove c’è il «retro del discorso», mentre la poesia andrebbe ascoltata da un ipotetico lato A (1). La comicità della performance sonora di Costa, registrata nel 1981, mi viene in aiuto quando penso alla poesia e al riso, non solo per via della ripetizione, del ribaltamento, dell’anti-poesia, ma per l’invito allo spostamento nello spazio che l’ascoltatore non accoglie. Immagino un pubblico disobbediente che si ostini a guardare uno spettacolo dal fondo del palco lasciando la platea vuota: «il retro tace, il retro dice solamente retro».
L’eco di Corrado Costa si fa sentire in alcuni testi di poeti che frequentano l’oralità, e che praticano la via del paradosso, del nonsense, dello spiazzamento. Penso al recente esperimento meta-performativo di Filippo Balestra, Conferenza Sulla Conferenza: «La conferenza parla di sé stessa. Vogliamo parlare di tutte le cose di cui la conferenza non parla? No, sarebbe veramente eccessivo parlare di tutte le cose di cui la conferenza non parla perché noi sappiamo con certezza che questa conferenza parla di questa conferenza […] Questa conferenza è un grandissimo atto di omissione» (2).
Chi frequenta il poetry slam o più in generale la scena performativa che si è creata intorno al poetry slam – grazie alla volontà di poet* performer che oltre ad andare in scena organizzano rassegne e festival, dando vita a uno scambio di poetiche ed estetiche performative che non si limita al format slam – avrà avuto modo di indagare i meccanismi del riso a fronte del ricorso a giochi verbali, ripetizioni, elenchi, anafore. Il poeta Luigi Socci in Bibliografia fantastica elenca i titoli dei libri che non ha scritto, «i libri potenziali», alternando giochi di parole a freddure: «Armi pari amicizia lunga. / L’album delle figurine retoriche. / Versi a U. La punta della lingua. / Poesie false. Poesie / su copia commissione. / Conferme e annullamenti. / Allego allegorie.» (3); Marko Miladinović in Prexe sottopone il pubblico all’ascolto di un estenuante elenco di nomi femminili al plurale nella sua preghiera a Dio: «non dimenticare di darci oggi il nostro superattico / così come è il tuo ma una cosa ti chiediamo / non darcelo tra le nuvolette bensì daccelo tra / LE STELLE, LE LUNE, LE ALBE, LE ANGELE, LE ELETTRE, LE SERAFINE, LE CHERUBINE, LE AURORE, LE AURELIE, LE SOLE, LE SONIE, LE SOFIE, ADE, LE ADELI, LE IDE, LE ADELAIDI, LE OMBRETTE, LE ADINE, LE SARE» (4); Sergio Garau nel testo Annunci “pubblica” una serie di annunci che si fa via via più paradossale: «CASSONETTO, mai preso fuoco, accetta RIFIUTO INDIFFERENZIATO, con o senza formazione superiore o esperienza di lavoro, 0,003 euro al pezzo. / RESPIRO in AREA METROPOLITANA, 0,99 all’ora, OFFRESI. / AMICIZIA ventennale con birra e pizza cadenza bisettimanale a 35.000 euro. / FIGLIO, OFFRESI, per 18 anni con possibilità prolungamento a 35, base d’asta 70.000 euro. / COGNATO, OFFRESI, per 36 anni, 6 euro» (5).
Dal canto mio, non sono mai stata mossa da un’intenzione comica nella scrittura o nella performance e mi ha sorpreso vedere il pubblico sorridere sui versi di alcune poesie.

«Sometimes in performance you have to find a way to distract yourself, in order that yourself can be revealed.»

Il coreografo inglese Jonathan Burrows nel suo A Choreographer’s Handbook annovera la distrazione tra le modalità performative: «distracting the self», ad esempio contando o leggendo una partitura durante la performance, è una delle modalità per liberarsi dal peso – nel mio caso dal pathos – del “materiale” che si va ad eseguire. Più l’elemento di distrazione richiede uno sforzo fisico o mentale, di coordinazione o di pensiero, più aumenta la possibilità dell’errore e l’ilarità che ne consegue (6). Da poeta danzatrice ibrida e hooper dilettante, uno dei filoni di ricerca che ho indagato è quello di dire poesie mentre faccio altro, portando in scena una sfida con me stessa. Più la sfida è reale e il rischio d’errore è tangibile, più il gioco è divertente. Portare l’elemento ludico nella poesia, fare un patto con il pubblico, svelarlo all’inizio della performance, è stato il mio modo di rompere il ghiaccio, la mia personale captatio benevolentiae e anche un modo per mettere a nudo i meccanismi della performance. «Per rompere il ghiaccio dirò una poesia mentre faccio l’hula hoop. Non sempre riesce. Siate buoni, se l’hula hoop cade, fate finta di niente». L’ossessione di dire poesie mentre faccio altro mi ha spinta a dire poesie mentre salto la corda, tengo in equilibrio una pallina da contact juggling o faccio giocoleria, con risultati spesso disastrosi.
Una volta padrona del gioco, il gioco perde di senso.

«Su questo treno è prevista / la carrozza di disillusione / ferma in tutte le stazioni / tranne la speranza. Ci scusiamo / per il disagio. / NEXT STOP. // Si informa la gentile clientela che / la stazione è sorvegliata da telecamere. / Sentimenti incustoditi verranno / ispezionati dalla polizia ferroviaria. / Nächste Station / Bitte links aussteigen. // Annuncio ritardo. / Si avvisano i signori viaggiatori / che il treno viaggia con un ritardo / di sette-otto anni. / Ci scusiamo per il ritardo.»

Ho scritto La poesia degli annunci sovrapponendo gli annunci di Trenitalia al discorso amoroso. L’intenzione di sovvertire il linguaggio dominante – anonimo, burocratico – in chiave amorosa ricorre nel primo libro che ho pubblicato, Abbattere i costi: la polizza dell’assicurazione e la bolletta dell’Enel, la disdetta del canone RAI e gli avvisi ai passeggeri in aeroporto, quella lingua morta, ostile, che mi ostino a far parlare d’amore per tenderle un tranello (7).

Da frequentatrice occasionale del comico, penso che la comicità risieda proprio nel testo mancante, in quell’altrove che è implicito ma resta non detto, che guardiamo con la coda dell’occhio, da distante. Non siamo immersi nel testo, né di fronte, ma a lato del discorso, sul retro, e da questo altrove il testo assente svela tutta la sua assurdità e il suo nonsense.


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1. Corrado Costa, Retro, registrato a Parma e a Brescia nel 1981 e pubblicato postumo nella rivista Baobab. Informazioni fonetiche di poesia a cura di Adriano Spatola.
https://www.youtube.com/watch?v=XmA3caVDu5M&t=1s

2. Filippo Balestra, Conferenza Sulla Conferenza, trascrizione da un video privato fornito dall’autore.

3. Luigi Socci, Bibliografia fantastica, in id., Regie senza films, Elliot edizioni.
https://gammm.org/2013/07/03/bibliografia-fantastica-luigi-socci/

4. Marko Miladinović, Prexe, inedito.
https://rivista.inutile.eu/2020/09/prexe/

5. Sergio Garau, Annunci, versione inedita fornita dall’autore.
https://www.alfabeta2.it/tag/sergio-garau/

6) Jonathan Burrows, A Choreographer’s Handbook, Routledge, London and New York 2010.

7. Francesca Gironi, La poesia degli annunci, in id., Abbattere i costi, Miraggi 2016.
https://rivista.inutile.eu/2018/03/la-poesia-degli-annunci/#more-10096

 

 

Francesca Gironi

Francesca Gironi è nata ad Ancona. Danzatrice e poeta, attiva nella scena della poesia performativa, esplora il confine tra danza e poesia. Ha pubblicato due raccolte di poesie: Il diretto interessato (Marco Saya Editore 2021, Premio Bologna in Lettere) e Abbattere i costi (Miraggi, 2016). Con la raccolta inedita A è finalista al Premio Nazionale Elio Pagliarani. Da sempre interessata all’interazione tra i linguaggi, ha partecipato a numerosi poetry slam ed è stata ospite di festival di poesia, videopoesia, danza contemporanea e residenze artistiche.
http://www.diadi.org/news.php