La comicità è una cosa seria
di Paolo Agrati
Comicità e poesia hanno un rapporto conflittuale, quasi paragonabile a quello di due vecchie zitelle che hanno sempre vissuto assieme; conoscono alla perfezione il carattere l’una dell’altra, si punzecchiano in continuazione, sembra pure che non si sopportino ma in fondo in fondo si vogliono bene e non potrebbero vivere separate a lungo.
Questo rapporto nasce con la poesia stessa ma nonostante sia un’evidenza, l’atteggiamento in cui spesso ci si approccia ad essa ci costringe a considerare questa relazione come incestuosa, deleteria, talvolta anche deviata. È come se in qualche modo pensassimo che la poesia quando si accompagna al riso, voglia occuparsi di un aspetto minore dell’esistenza anche in termini di forma espressiva, che abbia meno dignità di un testo contrito, serio, che non lascia spazio alle reazioni della risata. La questione è la stessa sia che si prenda in considerazione il tema, sia il linguaggio di un testo; per sminuire una poesia comica solitamente si dice che non si tratta realmente di poesia bensì di cabaret; mi viene da chiedermi quale rancore covino questi accesi detrattori nei confronti del cabaret. Potremmo certo aprire un ampio e vivace dibattito sulla qualità di un testo qualunque, ma tutte le volte che sento qualcuno che pronuncia la frase: «ah ma questa non è poesia» mi viene un’orticaria che non ci crederete, ma mi sto grattando anche in questo momento nel quale scrivo e probabilmente anche nel momento nel quale rileggerò le parole che ho scritto. Lasciatemi dire che chi vive questa infantile certezza che lo spinge a definire cosa sia o meno poesia non ha certamente letto a sufficienza. Basta aprire qualche libro in più oltre a quelli scolastici per venire a conoscenza di un mondo di poeti che hanno sperimentato ogni forma di indagine possibile: dall’estetica, al contenuto, dal suono, alla costruzione del verso. Indagine che ovviamente include l’umorismo e la comicità come del resto la tragedia che però, ça va sans dire, gode di un trattamento del tutto diverso. Vorrei porre l’attenzione sul fatto che non stiamo parlando di indagatori prettamente moderni; un esempio classico è quello del sedere di Barbariccia descritto da Dante nella Commedia (Ed elli avea del cul fatto trombetta), un culo che come una tromba è in grado di emanare un peto militaresco che segna l’avanti marsh della compagnia dei diavoli. Un peto, si sa, laddove non provoca imbarazzo produce sicuramente ilarità tanto più quando avvia una marcia militare. Nel millecinquecento Francesco Berni, prendendosela con le prostitute ed elencando le ragioni per le quali non ci sarebbe mai andato, chiude il suo Sonetto delle puttane con questa rima da rapper di periferia di una città qualunque: un toglier a pigion ogni palazzo/ son le cagioni ch’io mi meni il cazzo. Non sono sicuro che il Berni volesse veramente far ridere coi suoi versi, ma se anche fosse davvero così possiamo dire che qualcosa, al Francesco, gli è scappata di mano.
Nel Poetry Slam, ambito che ho frequentato, promosso e contribuito a sviluppare, la comicità ha un suo ruolo tutt’altro che marginale sia per i sostenitori che per i detrattori. Il poetry slam è un gioco nel quale i poeti si sfidano su un palco affidando a una giuria nominata in maniera casuale tra il pubblico le sorti della tenzone. Un modo di proporre poesia che include lo spettacolo e punta a un importante coinvolgimento degli spettatori. Ha delle regole precise tra le quali quella che prevede che il poeta debba scrivere i testi di proprio pugno e non può utilizzare nella recitazione sul palco nient’altro che il corpo, senza musica né oggetti di scena. In questo contesto la comicità e l’umorismo vengono spesso individuati dagli scrittori come un metodo efficace per creare il coinvolgimento del pubblico necessario al successo del gioco. Ma come sappiamo, saper far ridere non è per niente semplice e se l’umorismo non è un linguaggio che siamo in grado di dominare, o quantomeno gestire, il risultato del poeta che si improvvisa comico è molto più vicino alla tragedia che alla commedia. D’altro canto il pubblico quando si tratta di recepire il linguaggio comico è sempre ben disposto e accogliente, lo è meno quando gli si chiede di votare un testo che dovrebbe essere identificato come una poesia. È un fatto, dimostrato dal tipo di registro utilizzato dalla gran parte dei vincitori di importanti tornei sia italiani che internazionali, che il pubblico associa malvolentieri la comicità all’idea che si è fatto di poesia e molto spesso capita che ci sia una sorta di remora nel far vincere un testo che fa ridere. È naturale che, giustamente dosata, la comicità dia una spinta all’interazione, ma una poesia ad alta densità comica in genere non riceve grandi premi dall’uditorio, posso affermarlo con certezza perché ho assistito a migliaia di slam in Italia e in Europa. È facile dunque smentire chi di poetry slam ne ha visti magari solo un paio nella saletta dell’oratorio e critica il fatto che somiglino più a uno spettacolo di cabaret che a una lettura; non so se l’ho già detto, ma proprio non si comprende cosa abbia mai fatto di male a questi criticoni la tutt’altro che stupida tradizione del cabaret. Bisogna che qualcuno glielo domandi. Certo includere la dimensione dello spettacolo in una lettura ha i suoi vantaggi ma anche i suoi rischi. Si rischia per esempio che il linguaggio assuma nel tempo dei pattern precostituiti che si fissano appiattendo e uniformando le dinamiche espressive ma al contempo la condivisione dei testi ne trae vantaggio e si riporta la lettura a una dimensione pubblica e popolare. Nel senso che il pubblico di un poetry slam non è formato da tre anziani che sonnecchiano in attesa del loro turno di lettura e un altro che è passato di lì per caso e ha saputo che alla fine ci sarà gratis un bel bicchiere di brut; il pubblico dello slam è una parte attiva dell’evento poetico, è numeroso, giovane – ma non solo – e paga un biglietto per sedersi ad ascoltare poesia per circa due ore. Vorrei ripetere questa frase in modo da ribadire il concetto e vi chiedo per cortesia di leggerla lentamente scandendo ogni parola: il pubblico del poetry slam paga un biglietto per sedersi ad ascoltare poesia per due ore.
Io da parte mia, ho sfruttato l’occasione dei tre minuti di recitazione per turno offerti dallo slam per affinare i testi, capire le reazioni del pubblico, aumentare la capacità di stare sul palco, per poi utilizzare questa esperienza nella costruzione degli spettacoli. La comicità, direi più l’ironia, è un linguaggio che mi appartiene, con il quale descrivo il mondo che osservo, è stato dunque per me naturale sviluppare un modo di comunicare che ho sempre trovato confortevole. Ma nel contempo non ne ho mai fatto un linguaggio esclusivo; non mi definirei un comico, utilizzo questo strumento al pari di altri per veicolare i temi della mia poesia. Credo che la giusta dose di ironia e di riso porti lo spettatore a rilassarsi, lo mette a suo agio e può preparare il terreno per l’arrivo di un messaggio più profondo, anche amaro, cupo. L’alternarsi di questi momenti e dei rispettivi linguaggi valorizza entrambi sia all’interno di uno spettacolo che all’interno dello sviluppo di un testo.
Direi che il più grande ostacolo che si frappone tra la comicità e la poesia – e sono serio – è banalmente il fatto che la poesia è davvero una cosa seria. E le cose serie, per i più, sono obbligate a trovare coerenza nella serietà della forma espressiva con la quale si affermano.
Ci hanno altresì detto – in molti e in così tanti i modi che ormai è banale ribadirlo – che anche la comicità in fondo è una cosa seria; ma forse la sola serietà non è sufficiente per capirlo.
Paolo Agrati
Oltre alla scrittura e alle performance dal vivo si dedica al canto nella Spleen Orchestra. Nel 2019 scrive e conduce “Poetry Slam!” il primo torneo televisivo italiano di Poetry Slam. Nel 2018 è tra i fondatori di SLAM Factory, agenzia dedicata all’editoria e allo spettacolo che si propone sviluppare e diffondere la poesia e le discipline letterarie legate all’oralità.
È stato ospite di numerosi Festival internazionali di poesia in Europa e Sudamerica e ha pubblicato le raccolte di poesia: Tecniche di seduzione Animale, Poesie Brutte, Partiture per un addio, Amore & Psycho, Nessuno ripara la rotta, Quando l’estate crepa. Nel 2021 è coautore del Manuale del Poerty Slam