Comico per chi?

di Fabio Ciccalè

Fabio Ciccalè in "Canto Pop", ph. Salvatore Insana
Fabio Ciccalè in “Canto Pop”, foto di Salvatore Insana

Quando mi è stato chiesto di scrivere del rapporto tra danza contemporanea e comicità, devo confessare che sono rimasto un po’ perplesso: non ho grandi doti di scrittura e tanto meno non sono un critico, al massimo un criticone, ma ho deciso di cimentarmi in questa sfida, un po’ come si fa sui social o meglio ancora come si faceva una volta con le Catene di Sant’Antonio.

In generale, anche se negli ultimi anni le proposte coreografiche stanno cambiando, la danza contemporanea, quando non è acrobatica, predilige atmosfere concettual-drammatico-liriche e frequenta poco le strade della leggerezza.
E la comicità allora? Alcuni hanno cominciato a praticarla, pochi altri la praticano da sempre; tra questi ultimi ci sono io che approfitto di questo spazio concessomi per divulgare il mio verbo! Il che di per sé è decisamente comico, non trovate?

Partiamo da alcune domande basilari:
– Cosa è comico e per chi?
– Abbiamo tutti lo stesso senso dello humor?
– Ci sono situazioni universalmente comiche?
– Varie ed eventuali…


Innanzitutto il corpo

Un corpo teatrale, pieno, che vive e occupa lo spazio in cui è calato per rappresentare un racconto, un’idea, un guizzo.
Un corpo che vive l’imminenza di quell’istante irripetibile mai uguale e forse l’ultimo.
Un corpo vigile, come quello degli animali, che non ha perso l’istintività primordiale e l’attenzione agli eventi che lo circondano, un corpo in ascolto.
Un corpo che sa attraversare stati d’animo e restituirli con purezza e sincerità.

A questo punto devo farvi una confessione (A) e un’affermazione (B):
(A): fin dalla notte dei tempi sono un accanito consumatore di documentari, specie quelli sugli animali; mi piace osservare le loro peculiarità fisico/motorie e la loro straordinaria presenza, meravigliandomi sempre di quanto sia labile il confine che li separa tra la vita e la morte.
(B): quanta fortuna abbiamo, noi umani, ad avere a disposizione tutto ciò.

Non mi stanco mai di osservare il gatto, uno tra gli animali più comuni nelle nostre case, che ogni volta mi stupisce con i suoi cambi di ritmi ed energie.
Adoro disturbare le sue tranquille passeggiate, soggetto il gatto, con un rumore improvviso o lanciandogli addosso un piccolo oggetto… la sua reazione è strabiliante e comica allo stesso tempo, si mette di lato inarcando la colonna, arruffa i peli del corpo, la coda diventa un piumino, il suo muso cambia espressione e inizia a saltellare. Oppure mi diverte guardare le sue reazioni, soggetto sempre il gatto, all’apparizione di un cetriolo dietro di sé. Reazioni inaspettate e repentine che mi fanno ridere, che sono comiche, che creano un cambio di ritmo visivo, di forma nello spazio, di qualità di movimento, di tempo.
Naturalmente anche gli esseri umani hanno atteggiamenti comici e da imitare, ma gli animali sicuramente di più.


Una mistica attrazione per il pop che rasenta il trash e iperbola nel kitsch

Nelle mie coreografie amo muovermi in assoluta libertà di espressione svincolato da canoni, correnti, generi, e seguire il mio istinto creativo come se non ci fosse un domani. Parto da immagini, da situazioni, da oggetti, percepisco una correlazione e inizio a creare. Effettivamente i miei spettacoli non nascono con un’idea precisa ma da un canovaccio fatto di scene che prendono forma e man mano si susseguono in una concatenazione che alla fine, non si sa come, ha un suo perché.
Il mio si potrebbe definire uno stile incongruente, pieno di imitazioni e citazioni, pieno di accumulazioni senza limiti di gusti o generi.
Un susseguirsi di proposte visive, temporali, spaziali che si ricompongono poi nella mente dello spettatore… non necessariamente allo stesso modo come da me pensate.
Voglio creare imitazioni esagerate che diventano pacchiane e ridondanti, che rasentano il kitsch, ma che allo stesso se ne allontanano per assumere connotati ironici/grotteschi che quasi sempre sfociano nel malinconico.
Non posso esimermi dal citare geni come Charlie Chaplin e Buster Keaton, il primo per la sua comicità esilarante e malinconica, il secondo per le sue rocambolesche performance e il suo essere un comico dal viso serio. Ma grande alimento per la mia giovane fantasia furono anche i personaggi dei cartoni animati come la Pantera Rosa, Willy il Coyote e Beep Beep, Gatto Silvestro, Bugs Bunny e tanti altri.


Spaesamento

Adoro la pubblicità e la sua capacità di condensare in così poco tempo un messaggio. Anche se naturalmente contrario al risultato del referendum del ’95, non abbasso il volume o cambio canale quando viene trasmessa, anzi l’aspetto con trepidazione, per rivedere i vecchi e scoprire i nuovi spot trasmessi. Ad esempio proprio nei giorni di metà gennaio in cui scrivo questo pezzo, sulle note di “oh happy day” che generalmente associo al SS. Natale ormai passato e archiviato, si pubblicizza una nota marca automobilistica. Per le mie orecchie un irresistibile richiamo a vedere.
Oppure la bambina che involontariamente ammazza la propria famiglia solo perché non può avere a colazione la merendina che vorrebbe. Non ultima la pubblicità di un noto assorbente che usa oggetti che diventano vagine parlanti. Tutto ciò penso che superi la fantasia, altro che gli abbinamenti fantastici di Gianni Rodari.
A tale proposito vorrei raccontarvi un piccolo aneddoto.
Stavo seguendo un film in tv e nel bel mezzo di una scena apocalittica di una terribile alluvione e del disperato tentativo di sopravvivenza di madre e figlio ecco che arriva l’interruzione pubblicitaria; buio e una voce dice «Ragadi anali? Hai mai provato -nome del prodotto-».
Ecco, io questa interruzione la trovo decisamente geniale! Il mio cervello subisce un colpo talmente grande da dover cambiare in un istante registro e dall’iniziale sconcerto, il passaggio al riso irrefrenabile è incontenibile. Qualsiasi forma di shock inevitabilmente ti porta a vedere in altro modo.
Nel mio assolo Count Down contavo ad alta voce da 100 a 63, la mia data di nascita, tutti mi chiedevano il perché, oppure passavo repentinamente dall’essere un cane rabbioso a un gattino docile e spaesato, ciò creava imbarazzo e ilarità.
Spiazzare l’astante è la mia missione. Cambiare registro, climax, all’interno di uno stesso pezzo.
Usare oggetti del quotidiano che diventano altro, come i bambini, che con l’immaginazione, cavalcano una scopa come fosse un cavallo. In Canto Pop, uno dei miei ultimi soli, utilizzo proprio un bastone con testa di cavallo di peluche a cui man mano aggiungo segmenti per farlo diventare lunghissimo e assurgerlo a grande simbolo fallico con cui penso di dominare il mondo.
Sul finale mi autocompiaccio con un sonoro di due minuti di applausi che ripeto per ben tre volte fino a rimanere in mutande con fascia sulla fronte e ali di Iside con cui cerco di svolazzare sul palco dopo avere usato anche il nastro rosa della ritmica e i ventagli con veli della danza del ventre.
In Indaco, altro mio solo, giocavo illuminando la scena con dei neon che accendevo manualmente, uno ad uno e per ogni accensione proponevo un pezzo di musica e un tipo di danza completamente diverso in intenzioni e sottotesti.
Cambiavo in continuazione cappello come se fosse l’elemento magico che mi dava energia… come il martello per Thor. Passavo da un registro drammatico, al boogie woogie, diventando Braccio di ferro con un cappellino da marinaio per concludere su di un tappeto di plastica azzurra circondato da barchette di carta.

Cose fatte (da giovane) in scena:
– fingere di farsi male, inscenando una malevola caduta, interrompere lo spettacolo tra la preoccupazione del pubblico e riprenderlo subito dopo in barba a tutti e con il pugno chiuso e il dito medio alzato – Fatto!
– frantumare delle arance con una mazza (rieccolo il martello di Thor), bere e docciarsi con il succo e trasformarmi in super Fabio – Fatto!
– danzare in maniera irriverente vestito da Babbo Natale in mutande in un cortile – Fatto!
– buttarsi addosso sciroppo di menta per farci appiccicare le piume di un cuscino. Fatto!
– rubare in strada una bicicletta a un passante (poi restituita, per chi mi avete preso) e improvvisarci un solo – Fatto!
– improvvisare su di un dondolo da giardino trovato in una stazione – Fatto!

Il mio modo di creare è come un viaggio metabolico, una sorta di attività gastrica in cui si trovano tanti ingredienti che la digestione trasforma in altro, nutrimento e scarto.
Osservare, decantare, elaborare sono le tre fasi importanti del mio lavoro.
Per questo nel mio pasto, rigurgitato o digerito, puoi trovare il cetriolo che impressiona il gatto, il martello di Thor, le barchette della mia infanzia, la cataratta, la maglietta con le paillettes, i narcisi gonfiabili, una mutanda da Superman, un cappello da marinaretto.

Un cetriolo è un cetriolo ma può avere svariati usi oltre che in cucina.
Un cappello da marinaretto ricorda subito un Paul della moda e ti senti il figo culturista acchiappa tutte/i.
Un nastro da ritmica il sogno di ogni bambina, come il tutù.

I gesti e gli oggetti su cui costruisco le mie danzette in genere danno adito a letture multiple che si possono associare a pensieri erotici e quindi creare disagio e suscitare un sottile riso imbarazzato.
L’abito per me non fa il monaco ma evoca un immaginario che con bizzarre associazioni suscitano la comicità.

*

Per concludere vorrei citare alcuni registi a cui tengo molto, ricordandovi, ma a questo punto l’avrete capito, che la mia formazione e la mia ispirazione sono visive, non letterarie!

Aki Kaurismäki per le sue situazioni e personaggi surreali.
Mike Leigh per il realismo tragico grottesco.
Peter Greenaway per il suo cinema visionario.
Tsai Ming-liang per le sue ciniche disperazioni metropolitane.
Walt Disney per la sua infinita fantasia.

 

 

Fabio Ciccalè

Coreografo/danzatore/performer.
Formazione: Diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Diploma della Scuola di recitazionedanzacanto “E. Cecchetti” di Civitanova Marche. Stage di danza: R. Garrison, A. Peck, R. Kovic, P. Doussaint, A. Borriello, R. Castello, R. Giordano, G. Rossi, M. Francia, J.Y. Ginoux, E. Braun, S. Petronio, R. Warshaw, A.L. Harwood, E. Corbet, D. Zambrano, F. Faust, J. Jasperse, M. Tompkins.
Esperienze professionali: Compagnia Alhena (PE), Compagnia Enzo Cosimi (Roma), Compagnia La bilancia Produzioni (Roma), Compagnia Nuova Euroballetto (Roma), Compagnia Giuseppina Von Bingen (Roma). Dal 2002 firma corografie e danza per la Compagnia FC@PIN.D’OC ora PINDOC. Nel novembre 2010 collabora alla creazione e danza nelle coreografie di Roberto Castello per il programma di Fazio/Saviano “Vieni via con me ” (RAI 3). Nel 2010 e nel 2013 è stato selezionato per due residenze creativa nell’ambito dell’Officina Coreografica della regione Lazio. Ultima sua fatica “Canto Pop” tappeto sonoro per un danzatore.