Marielle Franco: è nella lotta che ci si incontra

di Valeria Ribeiro Corossacz

Marielle Franco, ph Mídia Ninja https://midianinja.org

Il 14 marzo 2018 Marielle Franco viene uccisa a colpi di pistola in un agguato a Rio de Janeiro, mentre torna in macchina a casa. Insieme a lei viene ucciso Anderson Gomes, il suo autista, Fernanda Chaves, sua collaboratrice, rimane illesa. Le indagini non hanno ancora stabilito ufficialmente le motivazioni di questo assassinio, né hanno identificato i mandanti. In questi due anni e in questo vuoto di giustizia, la figura e il lavoro politico di Marielle Franco sono, in un certo senso, cresciuti, si sono moltiplicati nelle pratiche politiche di tante altre donne brasiliane dentro e fuori le istituzioni. L’omicidio di Marielle Franco ha avuto l’effetto di rafforzare le idee che rappresentava, le lotte che incarnava, attraverso un’eccezionale mobilitazione internazionale che ha rilanciato il suo lavoro e chiesto giustizia.

Marielle Franco era una donna nera nata e cresciuta in uno degli agglomerati di favelas più importanti di Rio de Janeiro, il Complexo da Maré. Grazie alla sua determinazione, alla famiglia, a una rete di relazioni che l’ha sostenuta e a programmi di inclusione nelle università pubbliche rivolti a giovani neri e provenienti dalle aree più svantaggiate, Marielle era riuscita a studiare e a sottrarsi a quello che poteva essere il suo destino in quanto donna nera povera con difficoltà di accesso all’istruzione: fare qualche lavoro manuale, considerato poco qualificato, economicamente e socialmente svalorizzato, ma faticoso, riservato alle donne nere delle classi popolari.

Nel 2016 è stata eletta consigliera comunale nella città di Rio de Janeiro per il partito Socialismo e Liberdade (PSOL). Nera, lesbica, favelada e con un profilo dichiaratamente femminista, è la quinta persona più votata a Rio con 46.502 preferenze, dimostrando una potente capacità politica e comunicativa che secondo molte l’avrebbe portata lontano.

Marielle Franco ha raccolto una lunga tradizione di lotta, resistenza e condivisione di relazioni di solidarietà portata avanti dalle donne nere di classe popolare, come lei stessa riconosceva e ricordava attraverso la frase Ubuntu «Eu sou porque nós somos» («io sono perché noi siamo»). Ovvero, per resistere all’oppressione di sesso, classe, razza è necessario il sostegno reciproco, è necessario sapersi parte di una comunità che riconosce la tua esperienza individuale di ingiustizia, in cui è possibile nominarla ed essere credute/i. La possibilità di costruire comunità in cui riconoscere i propri vissuti di oppressione, in cui elaborare progetti di cambiamento, è alla base delle organizzazioni di abitanti delle favelas, dei gruppi del movimento negro, delle donne nere, e dei collettivi femministi e lesbici da cui Marielle proveniva e di cui si nutriva.

Se noi oggi ci concentriamo su questa figura, è certamente per le sue capacità individuali di esprimere e rafforzare questa lunga storia di resistenza, ma è importante ricordare che Marielle faceva parte di un tessuto politico fatto da tante altre donne nere di classe popolare che l’hanno preceduta nella storia del Brasile e l’hanno sostenuta con le loro azioni di lotta e resistenza. Come ha dichiarato Dani Monteiro, Consigliera Regionale del PSOL, nera e favelada, riferendosi a Marielle: «È stato solo l’inizio di qualcosa che abbiamo cominciato molto tempo fa, di una nuova politica che hanno tentato di silenziare, e non ci sono riusciti». Queste esperienze di lotta e analisi politica sono state alla base dell’elaborazione di molti programmi di inclusione sociale per i/le più oppresse adottati dai governi del Partido dos Trabalhadores (2003-2016) nell’area dell’istruzione e della salute.

Nella sua campagna elettorale, e poi nel suo breve mandato, Marielle Franco ha realizzato iniziative strettamente connesse alle lotte contro il razzismo, il sessismo, la lesbo-omo-transfobia e le politiche di intervento militare nelle aree più povere della città. La capacità di Marielle era di articolare queste lotte in un unico grande progetto di giustizia sociale per far fronte alle politiche reazionarie, conservatrici, razziste e fondamentaliste e di farlo a partire da sé: donna, nera, madre, lesbica, favelada, femminista e socialista.

La traiettoria e la pratica politica di Marielle dentro il Consiglio Comunale di Rio de Janeiro ha dato fastidio perché si è opposta alla storica pratica di silenziamento dei gruppi oppressi portata avanti dai gruppi socialmente più privilegiati: uomini bianchi eterosessuali di classe media. Le donne nere di classe popolare, gli indigeni, i neri, le lesbiche hanno sempre resistito e prodotto un sapere che si opponeva all’esperienza dell’oppressione. Marielle ha incarnato questa pratica di resistenza portandola dentro uno spazio istituzionale e mediaticamente visibile, composto tradizionalmente da bianchi, uomini eterosessuali di classe media. La presenza del suo corpo politico dentro questo spazio e le politiche che in esso ha difeso, hanno forza ancora oggi proprio perché dimostrano la possibilità di avere una voce laddove questa voce è stata negata. Il mandato di Marielle rappresentava un luogo collettivo e sociale di enunciazione del discorso a partire dal suo posizionamento come donna, nera, socialista, femminista, lesbica, madre, favelada, un luogo di enunciazione da cui attaccava la violenza materiale ed epistemica del razzismo, del sessismo, della lesbotransfobia, del capitalismo e delle politiche di intervento militare nelle favelas. Non solo: nel suo mandato politico si sono riconosciuti tutt* coloro che, pur non condividendo la sua stessa condizione sociale, si sono identificati nel suo progetto politico. Marielle ha raccolto tantissimi voti nei quartieri più ricchi della città.

Marielle e tante altre donne nere e trans che occupano spazi storicamente a loro negati, stanno dicendo che la loro parola, il loro discorso sul mondo è legittimo, stanno sfidando il regime di autorizzazione discorsiva che definisce quali sono i soggetti e i corpi legittimati a descrivere la realtà, a nominarla e a governarla. Come recita il samba dedicato a Marielle Franco dalla scuola di samba Mangueira, nel Carnevale 2019, si tratta di ascoltare coloro a cui è stato negato dai più potenti il diritto di parlare: «Brasile, è arrivato il momento di ascoltare le Marie, le Mahins, le Marielles, Malês…. Brasile, mio nero, lascia che ti racconti la storia che la Storia non racconta […] è nella lotta che ci si incontra». Il riferimento a Luisa Mahin, figura centrale nella pianificazione di rivolte di schiavi, alla rivolta dei Malê, organizzata dagli schiavizzati mussulmani a Bahia, e a tutte coloro che hanno resistito, è un modo per valorizzare la storia non dal punto di vista della retorica della “scoperta” del Brasile, ma di coloro che non appaiono nel racconto ufficiale.

È assolutamente fondamentale riconoscere e difendere tutti i posti di enunciazione del discorso e di potere che sono sempre esistiti, che sono stati conquistati dai soggetti oppressi, e che subiscono continui tentativi di essere silenziati, anche con la morte, per far sì che tornino “al loro posto”. Marielle con la sua presenza dentro il Consiglio Comunale aveva dimostrato che era possibile uscire dal posto che le era stato socialmente pre-assegnato, e per questo il semplice fatto di essere, il suo corpo e i suoi discorsi mettevano a disagio i soggetti dominanti. Esiste una vera e propria paura presso i gruppi dominanti che le soggettività oppresse parlino, poiché essi dovranno ascoltare. Come scrive Djamila Ribeiro «quando le persone nere rivendicano il diritto ad avere voce, stanno rivendicando il diritto alla propria vita» (1). Non è un caso che Marielle avesse difficoltà a parlare durante le sedute del Consiglio: «Non sarò interrotta», era la sua risposta per contrastare questa forma di delegittimazione. Marielle praticava politicamente la consapevolezza della sua storia quando la nominava: «io creo disagio: donna, nera, favelada, madre, madre di un’adolescente, con una compagna, che partecipa a un dibattito sulla sessualità» (2). Nel nominare il suo posizionamento, Marielle dimostrava come il posizionamento dei soggetti considerati normali (bianchi, uomini, etero, benestanti) è altrettanto presente, ma invisibilizzato, nel determinare scelte, comportamenti, aspettative e possibilità di vita.

Per comprendere pienamente la traiettoria di Marielle Franco è importante considerare anche come il suo attivismo politico e la sua attività di ricerca si siano nutriti reciprocamente. La sua tesi di master sulle politiche di sicurezza pubblica a Rio de Janeiro, accessibile online, è un accurato lavoro di analisi di come si costruisce e si legittima l’intervento militare in zone urbane abbandonate dallo Stato, in cui quest’ultimo è presente solo attraverso la forza armata. Nel suo operato come consigliera, Marielle si è battuta affinché si ponesse fine all’intervento militare dentro le favelas, intervento che porta ancora oggi alla morte di tanti abitanti, e alle violenze armate della polizia e delle milizie. Nella sua tesi dimostra come quella che lo Stato presenta come una guerra al traffico di droga e armi, di fatto è una guerra ai poveri – che vuol dire ai neri – che non ha dimostrato di diminuire la violenza vissuta dagli abitanti di queste aree, né ha portato loro maggiore «sicurezza». L’impegno contro l’intervento militare era anche una forma per combattere il razzismo, non solo perché esso colpisce i neri, ma anche perché è il razzismo della maggior parte della società che legittima queste politiche armate, basate sull’idea che la vita dei neri e dei poveri abbia meno valore. Secondo molti è proprio a questa sua battaglia che è necessario guardare per capire le ragioni del suo assassinio.

 

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  1. Djamila Ribeiro, Il luogo della parola, Capovolte, Alessandria, 2020
  2. www.facebook.com/MidiaNINJA/videos/1309849199153341

 

Valeria Ribeiro Corossacz

Valeria Ribeiro Corossacz è docente di Antropologia di genere presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Antropologia in cotutela presso l’Università di Siena e l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Conduce ricerche sul campo in Brasile dal 1996 su razzismo, sessismo e diseguaglianze di classe. In Italia ha lavorato su migrazioni e razzismo e sull’intersezione tra razzismo e sessismo. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste italiane e internazionali e monografie in Italia, Francia, Brasile e USA. La più recente è White middle-class men in Rio de Janeiro. The making of a dominant subject, Lexington Books (2018).