Olimpia Kutuzova Cafiero, una populista russa

di Martina Guerrini

Olimpia Kutuzova Cafiero

Sopravvissute sorelle
Vi giocate la vita
Perché la vita vinca.
Paul Éluard


Milano, seconda metà dell’Ottocento.
Nella stazione ferroviaria una populista russa è in attesa della coincidenza per Bologna. Ha un bagaglio piuttosto fragile: cucita in un asciugamano avvolto attorno alla vita vi è infatti della dinamite, destinata ai moti insurrezionali in Romagna.
La donna è molto preoccupata, e non per l’eventuale presenza di gendarmi nei paraggi. È infatti improvvisamente scoppiata una bufera, tutta la stazione sembra tremare sotto i tuoni e i fulmini.
Pur tentando di mantenere un’apparente calma, dentro di sé immagina già la strage imminente, tra la folla di viaggiatori che la circondano, nel caso in cui la dinamite esplodesse sotto le scariche elettriche e le vibrazioni del tremendo fortunale.
Temendo il peggio, e terrorizzata dall’idea di una carneficina non voluta, esce velocemente dalla stazione verso la piazza, e con il cuore impazzito dalla paura attende in solitudine, sotto la pioggia battente, l’esplosione ormai prossima.
Non è certo Dio ma la fortuna a salvarla.
Ricordando molti anni dopo quell’esperienza così colma di angoscia, scriverà dei persistenti mal di testa che seguirono, per diversi giorni, all’avvenimento.
Quella donna si chiamava Olimpia Kutuzova, anzi, Olimpia Kutuzova Cafiero.

Olimpiade Evgrafovna Kutuzova, detta Olimpia o Lipa, nasce nel 1845 nel governatorato di Tver, a Ljalino (Vyšnij Voločëk). Nella primavera del 1873, la donna raggiunge a Locarno la sorella Elena, e qui conosce Michail Aleksandrovič Bakunin, il celebre anarchico russo, ospite per qualche tempo di casa Zajcev, con il quale in seguito dividerà la quotidianità durante la celebre esperienza della Baronata. Ecco un suo ricordo di quell’incontro: «In una cameretta, in piedi su uno sgabello poggiato sul letto, avvolto in una pellanda usurata, con un bicchiere in mano, si ergeva nella sua colossale statura Bakunin. In quel momento tutta la sua attenzione era accentrata su uno scorpione aggrappato al soffitto, che lui cercava di far cadere nel bicchiere. Davanti a questo spettacolo, la solenne deferenza con la quale mi ero apprestata a incontrare l’illustre vegliardo, si volatilizzò. Mi precipitai, malgrado me stessa, in suo aiuto dicendogli: “Michail Aleksandrovič, permettetemi di aiutarvi!”. Bakunin si voltò verso di me e, scendendo pesantemente dallo sgabello, pronunciò queste parole: “Ah! Sei arrivata finalmente! Bene, arrampicati lassù e cerca di acchiappare quella bestiola”».

Lipa sposa nel 1874 a San Pietroburgo Carlo Cafiero, rivoluzionario anarchico, tra i fondatori della Prima Internazionale in Italia. Il matrimonio avverrà per permettere a Olimpia di partire dalla Russia: nel 1874 la donna infatti raggiunge la madre ammalata, e viene privata del passaporto per ripartire alla volta della Svizzera; l’unica soluzione appare essere l’acquisizione della cittadinanza italiana, attraverso un formale atto di matrimonio, che Cafiero non esiterà a stipulare. Ma il loro legame durerà poco: entrambi militanti, seguiranno la loro vocazione rivoluzionaria: Cafiero in Italia, Lipa in Russia dove rientrerà nel 1875.
Qui trova impiego come istitutrice nella provincia di Pskov, ma non è la vita che desidera: decide ben presto di abbandonare il lavoro per seguire il suo desiderio, «quello di fare propaganda tra il popolo». Riesce ad avere un contatto a Simbirsk ma si rivela poco sicuro ed è costretta a tornare a casa, non prima di trovare pernottamento presso Sof’ja Perovskaja, «attachée come assistente all’ospedale». La Perovskaja è la famosa populista che organizzerà il gruppo di attentatori che uccideranno lo zar Alessandro II nel 1881. Da questo momento Lipa incontrerà spesso il carcere russo, duro soprattutto nei confronti del movimento populista al quale Olimpia apparteneva.

Tra le parentesi felici del suo impegno politico, vi è il viaggio lungo il Volga assieme alle sue amiche e compagne – durante la cosiddetta “andata al popolo”, ovvero quando numerosi giovani dalle città si riversarono nelle campagne nel tentativo di emancipare i contadini dalla povertà – come lei stessa racconta nel suo memoir: «con le nostre vesti di tela cruda e scura, una pezzuola annodata in testa e la bisaccia sulla schiena, sembravamo delle pellegrine. Un cambio di biancheria, qualche libro, i nostri passaporti e una piccola provvista di viveri erano tutto il nostro bagaglio».

Continuerà ad aiutare la parte più povera e sfruttata del popolo russo esercitando attività pedagogica per i figli dei contadini fino al maggio 1879, quando sarà nuovamente arrestata e espulsa «in quanto cittadina straniera». Il viaggio verso la frontiera, sotto scorta e con i peggiori mezzi di fortuna, è incredibile e terrorizzante: costretta a viaggiare e dormire in cella con uomini sconosciuti, Lipa teme più volte di essere aggredita e stuprata. Questa tragica esperienza provoca in lei una tale depressione che lo stesso incontro con Cafiero, avvenuto a Parigi dopo quattro anni di separazione, le resta «qualcosa di confuso, un ricordo indefinito». Il 20 marzo 1881 è arrestata di nuovo, con l’accusa di aver partecipato all’attentato contro lo zar, e tradotta in Siberia.

Una delle poche possibilità che riesce a sfruttare, durante la sua permanenza forzata, è il recupero della corrispondenza con gli amici e compagni italiani, ma le notizie che giungono sono pessime: Carlo Cafiero è stato internato nel manicomio di Bonifazio, a Firenze. Essendosi sposati legalmente, lei è l’unica – oltre alla famiglia di Carlo – a poter rivendicare diritti di tutela e liberare il marito dalla condizione inumana nella quale versa. Decide quindi di evadere, nonostante sia esausta fisicamente e psicologicamente.
Dopo un anno di permanenza a Išim, viene trovato un uomo fidato, disposto ad aiutarla nell’evasione: dopo un breve tragitto nascosta sotto l’erba tagliata in un carretto, Olimpia si nasconde per due settimane in una piccola stalla, uscendone solo di notte per respirare aria pulita.

Ripresa la fuga assieme al suo complice, dopo aver rischiato di essere scoperti in un posto di blocco, finalmente giunge alla stazione ferroviaria di Ekaterinburg: «il contadino si voltò verso di me e mi chiese: “Avrai avuto senz’altro paura?”, “Io ho avuto paura, e tu?”, “Dalla fifa, sono scappati tutti i pidocchi”, mi rispose». In seguito, tornata in Italia, Lipa riuscirà ad ottenere la tutela di Cafiero, ma non ad alleviare il suo disagio psichico. La sofferenza della donna accanto al marito ormai ammalato è talmente grande che decide di lasciarlo alle cure dei compagni italiani e ripartire per la Russia.

Lo scoppio della Grande Guerra, che coinvolgerà l’Europa travolgendo la stessa Russia, segna l’interruzione delle notizie sulla vicenda umana e politica di Lipa: la vita della populista sembra avvolta in una coltre spessa di oblio. Nessuno sa, al momento, quando e dove il suo cuore abbia smesso di battere.

 

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La storia delle populiste e delle nichiliste russe, così come dei loro compagni, è approfondita nel testo Le Cospiratrici. Rivoluzionarie russe di fine Ottocento. Lettere e memorie di Olimpia Kutuzova Cafiero, di Martina Guerrini, edito da Bfs Edizioni nel 2016. Nel testo si trova, inoltre, la biografia storica di Olimpia Kutuzova e la traduzione del suo memoir e del suo epistolario.

Qui alcuni link per approfondire:

 

Martina Guerrini

Martina Guerrini, filosofa e storica, si occupa di teorie-politiche di genere e critica radicale.
Tra le sue ultime pubblicazioni: Corpi meccanicamente modificati in “Politiques, Sexualités – Politiche, Sessualità”, Mimesis, 2009; Donne Contro, Zic 2013; Le Cospiratrici, Bfs 2016. Ha curato la traduzione dell’edizione italiana di Du trop de realité di Annie Le Brun, poetessa surrealista, con il titolo L’eccesso di realtà. La mercificazione del sensibile, Bfs 2020