Danza e tecnologia ad Aosta per creare nuove comunità

di Valeria Vannucci

Frame video da “Una pera sul computer” di R. Castello, M. Sodini e G. Verde

L’avvicinarsi dell’autunno segna il ritorno in città, a scuola e a lavoro, corrisponde al vero capodanno in cui giunge il momento di realizzare tutte le faccende procrastinate e tutti i nuovi buoni propositi. L’arrivo del ‘nuovo’, anche per chi ritorna a fare quello che aveva lasciato a giugno, magari con una diversa attitudine e uno spirito rinnovato. Riabitare gli spazi urbani può essere un’occasione di nuova freschezza con cui vivere i luoghi della città e ritrovare momenti per la voglia di far festa, anche lontani dalle vacanze. Per chi ha trascorso l’estate passando da un festival teatrale all’altro, anche la stagione autunnale offre opportunità pregne di novità.
Dall’8 al 21 ottobre gli spazi della Cittadella dei Giovani del Comune di Aosta saranno abitati da un festival promotore delle novità: T*Danse – Danse et Tecnologie. Alla sua terza edizione l’evento propone uno sguardo caleidoscopico sulle nuove generazioni che si muovono attraverso i terreni dell’arte teatrale, dalle compagnie, agli operatori, agli appassionati e a chi potrebbe appassionarsi. Con la direzione artistica di Marco Chenevier e Francesca Fini, il festival concentra la sua attenzione su arte, politica e partecipazione con l’intenzione di creare comunità con un pensiero critico e voglia di far festa insieme. Laissez-moi danser è il motto di quest’anno, un invito a tutti e soprattutto alle nuove generazioni. Gli organizzatori del festival, artisti attivi sulla scena contemporanea nazionale e internazionale, hanno dato vita a una manifestazione in cui le generazioni di giovani possano esprimersi attraverso nuovi linguaggi e nuove tecnologie, creando un programma che vede insieme performance, concerti, spettacoli di teatro e di danza, conferenze, incontri tematici, laboratori e masterclass. Per i più giovani (dai 15 ai 19 anni) ci sarà #comunicadanza, un workshop concentrato su social media storytelling curato da Simone Pacini/fattiditeatro in cui sarà possibile postare i momenti del festival nelle attività programmate, rendendo i giovani social media reporter partecipatori attivi nel raccontare gli spettacoli e i vari retroscena. Around the shows è la sezione del festival destinata agli incontri fra artisti e pubblico che quest’anno verrà dedicata a Ercole Balliana, il direttore della Biblioteca Regionale di Aosta recentemente scomparso, che col ricordo della sua appassionata partecipazione possa ispirare al coinvolgimento e alla collaborazione.
Il T*Danse 2018 è stato pensato come: «un inno alla libertà, alla voglia di fare festa assieme, restituendo alla cultura la nozione fondamentale di festa», una nuova occasione, anche dopo la fine delle vacanze estive, in cui poter assistere a spettacoli che vanno da una Battle urbana dei D. Street, performance di streetdance che dà inizio al festival, al Melting Pot di Marco Torrice, dove crolleranno i confini che separano platea e scena.
Per conoscere meglio le particolarità che caratterizzano il festival e coloro che lo portano avanti con impegno, l’artista Marco Chenevier, coreografo, danzatore, regista, attore, racconta il percorso che ha condotto alla realizzazione della manifestazione, le necessità e gli impulsi che hanno fatto evolvere il collettivo TiDA in T*Danse – Danse et Tecnologie.

Coreografo, danzatore, regista e attore: chi è Marco Chenevier?

Questi sono semplicemente i campi nei quali mi sono formato. Ho un primo amore per il teatro e un corpo di sportivo, da sciatore, nuotatore, triatleta. Iniziando a studiare teatro ho scoperto prima il teatro gestuale con Isaac Alvarez e poi la danza contemporanea con Annapaola Bacalov e Diana Damiani, che è diventata il mio campo di indagine favorito proprio per la centralità data al corpo, al non detto, al non dicibile. Per me però queste categorie sono inutili. Come artista mi considero un corpo politico a disposizione di drammaturgie frutto di processi di ricerca e creazione, spesso collettivi.

Una parola che ritorna spesso nelle tue interviste e nei tuoi lavori è ‘disponibilità’: di tutti, di autori, danzatori, del loro corpo, del pubblico e degli operatori. Che cos’è per te la disponibilità?

Disponibilità. È vero è una parola che mi è cara. Che mi emoziona. Essere disponibili è una condizione, uno stato, un’apertura verso l’altro, una tensione verso l’adattabilità. È anche l’accettare di cambiare i piani previsti, in virtù dell’incontro con l’altro. Disponibilità, per me, è qualcosa che va oltre l’ascolto, che lo segue e che vuole dare risposte positive per trovare un terreno comune, per poter dire “noi”.

Come caratterizza il festival T*Danse?

Il festival T*Danse è un progetto che vuole creare una comunità di artisti e pubblico che hanno voglia di incontrarsi, di scambiare, di ospitare e di essere ospitati. Ed è una vera lotta, oggi, in una società che ha basato tutto su sé, e poco, pochissimo sul “noi”. La disponibilità caratterizza T*Danse nella misura in cui la direzione artistica non è mia, ma condivisa con Francesca Fini. Questo “noi” però è ben più ampio, perché il comitato organizzatore (Elena Pisu, Lia Ricceri, Smeralda Capizzi, Alessia Pinto, Andrea Sangiorgi) lavora in simbiosi e condivide strategie economiche e programmazione artistica. Inoltre chiediamo agli artisti di restare lungo tutto il festival, proprio per creare un “noi”, anche tra e con gli artisti. Infine l’ospitalità è organizzata “chez l’habitant”: gli artisti sono ospitati in case di privati cittadini che aprono le loro porte agli artisti e agli operatori invitati. Ecco come l’essere disponibili diventa una conditio sine qua non per creare una comunità, una tappa per potersi riconoscere e dire “noi”.

Il tuo lavoro è caratterizzato da una grande attenzione verso il pubblico…

Il pubblico è il motivo per cui faccio questo mestiere. Ogni opera d’arte ha per me lo scopo di essere per gli altri. Ogni opera d’arte, e quindi anche uno spettacolo, è uno strumento per creare un’esperienza. Nel creare qualcosa che attivi un’esperienza si sublimano dei rapporti di potere che, spesso, vengono dati per scontati. Il rapporto di potere che la scena teatrale instaura con il pubblico, ad esempio, è normalmente sottinteso. Per me mettere in evidenza, più che la quarta parete, questi rapporti di potere, è una via per porsi delle domande sul dispositivo scenico in sé e sui rapporti di potere tout-court.

T-Danse è un festival che mira all’aggregazione di comunità e alla formazione tramite l’incontro con l’altro. Come è nata e come si è sviluppata quest’idea?

Quest’anno T*Danse spegne tre candeline. Come artista mi sono spesso interrogato sul ruolo dell’arte nella società. Faccio questo attraverso gli spettacoli ma tante volte avrei voluto che le piattaforme dove il nostro lavoro è programmato (teatri, stagioni, festival) fossero diverse. Che fossero più partecipate, che il pubblico fosse numeroso e che, pur facendo arte contemporanea, non fossimo relegati ad un’élite o ghettizzati. Per immaginare ciò ci era evidente che la progettualità dovesse essere strutturalmente differente, a partire dalla concezione e considerando la programmazione come solo l’ultima tappa, forse la più semplice. Perciò ci siamo lanciati in quest’avventura, su un territorio, la Valle d’Aosta, che era sprovvista di una piattaforma votata al contemporaneo e che fosse indipendente dalla Regione. La risposta del territorio è stata enorme. Quest’anno, poi, il tema della relazione è centrale, e in particolare quello della relazione festosa: rifiutiamo una concezione polverosa dell’arte e della cultura che sono invece per noi veicolo di gioia. Il festival vuole essere anche e soprattutto una festa, in cui si guarda, si ascolta e si danza.

Il tuo recente incontro con Roberto Castello ha portato novità nel tuo percorso artistico?

L’incontro con Roberto è avvenuto a Birmingham tre anni fa. Lui presentava In girum imus nocte et consumimur igni e io ripresentavo Quintetto, dopo che si era aggiudicato il primo premio l’anno precedente. Lui credo abbia riso molto, io rimasi incantato. E abbiamo chiacchierato a lungo. Da lì un avvicinamento graduale che è culminato con una residenza lunga per Questo lavoro sull’arancia, per il quale Roberto è stato mentoring. Durante questa lunga residenza in agosto, a Porcari, Questo lavoro sull’arancia ha visto la luce e noi abbiamo deciso di valutare una possibile fusione tra l’équipe del Teatro Instabile di Aosta e ALDES. Le affinità politiche e artistiche sono tali da averci convinto a intraprendere questo percorso con la comune volontà di unire le forze e costruire un centro d’eccellenza per la produzione contemporanea. La complessità dei progetti di TiDA e di ALDES è proprio ciò che più li accomuna e che ci fa spaziare dalla produzione pura, alla diffusione all’organizzazione di progetti speciali che tocchino la programmazione e la festa. Così TiDA oggi coincide con il festival T*Danse e tutte le attività di produzione sono state spostate in ALDES e nella Cie Les 3 Plumes per il lavoro sul territorio valdostano.


Per info: http://www.tidaweb.net/it-it/tdanse

Il festival T*Danse è realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo, dell’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma della Valle d’Aosta, con il patrocinio del Comune di Aosta, il sostegno e la collaborazione di Cittadella dei Giovani e il coinvolgimento di diversi partner (CVA TRADING- Energia Verde, Blaub Art Dance Webzine, Ticket Now, Top Italia Radio, Campadidanza Dance Magazine, Altevelocità, PAC Magazine di arte e culture).

 

Valeria Vannucci

Valeria Vannucci (Roma, 1993), studentessa di 25 anni appassionata di danza, teatro e arti performative, sia nell’aspetto pratico che di ricerca e teoria. Laureata in Storia della danza con una tesi intitolata Le metamorfosi di Vaslav Nižinskij: tra persona e personaggi, relatori Professor Vito Di Bernardi e Professoressa Annamaria Corea. Corso di laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo (Triennale) presso “Università degli Studi La Sapienza” di Roma, nella sessione di luglio 2016. Studentessa presso il corso di laurea magistrale in Teatro, Cinema, Danza e Arti Digitali presso “Università degli Studi La Sapienza” di Roma. Profonda conoscenza della tecnica classica accademica, di tecniche e metodi relativi alla danza contemporanea. Ha svolto uno stage extracurricolare presso il Balletto di Roma nel 2016.