Il corpo e la realtà realizzata in Jean-Luc Nancy
di Chiara Vecchiarelli
«Abbiamo forse inventato il cielo al solo scopo di farne decadere il corpo?». Forse sì, se nel cielo abbiamo posto ciò che il cielo deve trascendere, che al cielo deve ascendere per situarsi in un al di là. Il corpo è invece sempre qui. Luogo per eccellenza e mai luogotenente di un senso da ricercarsi altrove. Perché non è di una ragione trascendentale, ci dice Jean-Luc Nancy, che ne va nel corpo ma di un logos empirico. Tangibile e tangente, il corpo è il luogo in cui l’esistenza si situa all’in-qua di ogni essenza.
Si fa un gran parlare di corpo archivio, di corpo scritto e inscritto, senza forse rendersi conto che l’inscrizione è portatrice di un moto centripeto che trascina nel gorgo della significazione proprio quei corpi cui crede di rendere giustizia. Nancy, invece, ribalta il dentro in un fuori, l’in in ex. L’inscrizione si rovescia in e-scrizione e il corpo cessa di essere inteso come un che di comunicabile – contenitore di un messaggio o scrigno di un segreto dimenticato o rimosso – per esporsi in quanto luogo di una esistenza che ha per unica essenza quella di non avere essenza. Per questo, ci dice Nancy, l’ontologia del corpo è l’ontologia stessa. Perché ad aver gioco nel corpo non è la dialettica tra il darsi e il sottrarsi di un fenomeno già sempre preso in una dinamica di svelamento e di nascondimento, ma l’atto stesso di esistere nella sua esteriorità liminale: il suo aver luogo in quanto essere in sito dell’esistenza stessa. E se non c’è essenza dietro questo corpo ontologico inteso come situarsi dell’esistenza, allora cade anche l’edificio dell’Altro in quanto essenzialmente tale, alterità essenziale, è il caso di dirlo, a ogni discorso mortifero. All’ipostasi dell’altro, dell’altro sostanza, dell’altro in conflitto latente con tutto ciò che non coincide né mai potrà coincidere con esso, si sostituisce lo straniero come luogo, come paese. Quanto è attuale questa idea dell’altro come paese, del suo aver luogo alla pari di ogni altro corpo nella partitura delle esistenze dei corpi estesi, dei corpi intervallati di una comunità che non fa opera neppure di sé, che non ha bisogno di pensarsi come una comunità sostanziale e compatta. Né suolo, né territorio, né dominio, il luogo cui il corpo fa segno è irriducibile all’identità del concetto. In esso il singolare è sempre plurale. In esso, ci dice Jean-Luc Nancy, si dà non figura – che plasma l’identità – ma immagine, che desidera l’alterità. Né stereotipo né oggetto di un immaginario reificabile in due facili mosse di comunicazione, l’immagine che attraverso il corpo la filosofia ci aiuta a pensare, è l’occasione – da occasum, supino di occidere, “cadere” – di rinnovare il nostro stesso concetto di unità.
Sempre attraversata da una diversità sensibile, l’immagine è il luogo stesso nel quale la dissomiglianza abita la somiglianza. Di questo Jean-Luc Nancy ci ha parlato nell’incontro che ha avuto luogo a Parigi il 2 giugno all’École normale supérieure. La conferenza “A fond les images !” (A fondo le immagini!), parte del ciclo Le Présent de l’image (Il presente dell’immagine), è stata l’occasione di riflettere, attraverso il commento diretto di immagini di opere del passato e del presente, sulla funzione che le immagini hanno nella nostra vita, sulla dinamica che le governa e sul rapporto al mondo che proprio le immagini rendono possibile. Il fondo evocato nel titolo dell’incontro – sul quale la filosofia non ha cessato di riflettere – non è da intendere come una cosa unica e una, già data e retrostante ma come ciò che nell’immagine sorge di volta in volta dissolvendo l’unità del fondo sostanziale. Questo fondo che non è né sfondo, né supporto né fondamento, costituisce il sorgere di ogni cosa, il luogo in cui fondo e figura si intessono, il brusio stesso, sempre molteplice, della tessitura delle forme. L’immagine, l’arte in generale, è una tecnica di produzione della presenza al mondo e all’altro nell’unità intermittente dei corpi. Unità contingente e in divenire nella quale è la realtà stessa, ci ricorda Nancy, a realizzarsi.
Chiara Vecchiarelli
Chiara Vecchiarelli è scrittrice, critica d’arte e curatrice. È l’autrice di numerosi saggi e articoli e curatrice di pubblicazioni d’arte. Conduce attualmente una ricerca in filosofia sulla funzione realizzante dell’immagine presso l’École normale supérieure di Parigi. Ha diretto il programma espositivo della Emily Harvey Foundation a New York (2013-2012), co-curato una sezione del Public Program della Biennale di Istanbul (2015), ed è stata ricercatrice curatoriale e curatrice della Research Section per dOCUMENTA (13), Kassel (2012-2009). Ha curato gli Special Projects per Arte Fiera, Bologna (Performing the Gallery, 2018; Time Specific Artist Lectures, Site Specific Artist Lectures, 2017); ideato il programma di conferenze e proiezioni The Image-Thing a Palazzo Grassi, Venezia (2016); e curato mostre ed eventi performativi in diversi musei e istituzioni d’arte in Italia e all’estero. Selezionatrice di diversi premi, fa parte dei dieci membri che costituiscono il comitato del Forum permanente dell’arte contemporanea.