L’anno delle ragazze elettriche
di Barbara Leda Kenny
2017, l’anno della women’s march, di nonunadimeno, di metoo. Un’ondata di donne che dicono basta alla violenza degli uomini. Femminismi in piazza ne abbiamo visti tanti, solo in Italia negli ultimi dieci anni ci sono stati tre grandi momenti. Nel 2007 più di centomila donne nelle strade per dire no alla violenza degli uomini e ai femminicidi. Nel 2010 Se non ora quando? raccoglie il disagio delle donne per un discorso pubblico apertamente misogino che trovava la sua massima espressione nell’allora presidente del consiglio Berlusconi. Nel 2016 le donne scendono di nuovo in strada sulla scia delle mobilitazioni in Polonia e in Argentina, usando gli stessi colori (il nero e il fucsia) e le stesse parole d’ordine #niunamenos; saranno più di quaranta i paesi in cui, contemporaneamente, le donne manifesteranno per dire no alla violenza degli uomini sulle donne. Con le sue parole d’ordine il 2017 sembra proprio l’espressione di un processo che, anche se in maniera intermittente, ha costruito un orizzonte di senso in cui si riconoscono sempre più donne.
Nel 1985 in pieno backslash usciva Il racconto dell’ancella scritto da Margaret Atwood, una distopia in cui il patriarcato si affermava prendendo il controllo totale sulla vita e i corpi delle donne. Nel 2017 Il racconto dell’ancella diventa serie TV di successo ed emblema della resistenza delle donne contro Trump e il conservatorismo americano. Sempre nel 2017 Naomi Alderman scrive con la mentorship di Atwood Ragazze elettriche, una nuova distopia in cui a prendere il potere sono le donne.
È un dato di fatto: il rapporto di forza tra i sessi è cambiato nel tempo e, nonostante contraccolpi e contraddizioni, non siamo mai state così consapevoli e così libere. Claudia Goldin, una delle economiste più note nell’ambito degli studi di genere, crede che la trasformazione nei rapporti di forza si riscontri nel cambiamento del ruolo economico delle donne americane a partire dalla fine degli anni Settanta, frutto di una lunga evoluzione silenziosa che ha attraversato tutto il Novecento (http://www.ingenere.it/articoli/rapporti-forza-sessi-rivoluzione-evoluzione). Ma come si passa dall’evoluzione a una vera rivoluzione nei rapporti di forza? Tre sono le parole per descrivere questo passaggio: orizzonte, identità e autodeterminazione.
L’orizzonte è la nostra capacità di proiettarci nel futuro e di fare delle scelte che ci consentano di realizzare un progetto di vita individuale e quindi di studiare immaginando quale ruolo avremo nella società. È un dato estremamente concreto. Lo dimostrano i numeri: la maggioranza degli iscritti all’università, la maggioranza dei laureati e i migliori voti si declinano al femminile. Un dato che vale per tutti i paesi dell’Ocse.
L’identità. Non più mamma di, moglie di. Le donne non vogliono definirsi attraverso la relazione con qualcun altro, ma, dopo averlo sognato ed essersi impegnate per acquisire le competenze necessarie quello spazio di espressione di sé lo vogliono anche realizzare. Non ci sono mai state così tante occupate come oggi, nel 2010 negli USA l’occupazione femminile, complice la crisi, ha superato quella maschile e oggi si attesta sul 48,2% della forza lavoro.
Fato e furia di Lauren Groff è un romanzo sul matrimonio in cui la prospettiva cambia radicalmente al cambiare il personaggio, ma è soprattutto una narrazione su quanto siano tossici i ruoli di genere e la rinuncia a sé che le donne fanno quando si definiscono attraverso un uomo “è un romanzo femminista, nel senso che riconosce le strutture di potere che trattengono le persone dal vivere pienamente la loro vita. Non è solo un sistema binario, non si parla di donne contro uomini, ma è un romanzo che va alla ricerca di tutte le persone che non possono parlare per se stesse, è un romanzo che parla di ognuno di noi” http://lithub.com/lauren-groff-on-power-privilege-and-feminism/
L’autodeterminazione è la capacità di una donna di fare le sue scelte per sé e non in funzione delle scelte di qualcun altro, come, per esempio, scegliere un part time per prendersi cura della casa e dei figli lasciando a lui la possibilità di fare carriera. Un dato che racconta questo cambiamento è quello sui matrimoni: negli USA le single hanno superato le sposate, non sono donne che non hanno relazioni d’amore, sono donne che decidono di preservare uno spazio di libertà.
All the single ladies di Rebecca Traister (Fandango 2016 – http://www.fandangoeditore.it/shop/marchi-editoriali/fandango-libri-2/all-the-single-ladies/) pubblicato nel 2016 nella sua versione originale ha come sottotitolo: “le donne non sposate e il sorgere di una nazione indipendente”. Parla di tutte le donne che rimangono fuori dal matrimonio, di quelle che hanno studiato, lavorano, sono indipendenti, sono consapevoli che il matrimonio non è una garanzia di stabilità emotiva (basta un’occhiatina ai dati su separazioni e divorzi) e che sono diventate una fetta demograficamente rilevante. L’autrice mette l’accento su come, sempre più spesso, le donne, anche quelle che poi decidono di sposarsi o di avere una relazione a lungo termine, non passano più dalla casa del padre a quella del marito, ma vivono un periodo in cui sono indipendenti e questo periodo segna il modo in cui percepiscono se stesse e le mediazioni che sono disposte a fare o a non fare.
Future sex di Emily Witt (Minimum Fax, 2017 – https://www.minimumfax.com/shop/product/future-sex-1977) è un’autoinchiesta, nel senso che l’autrice parte dal suo essere una donna a trent’anni, single, senza una relazione stabile e con la voglia di sperimentare la propria sessualità. La sua esperienza diventa un viaggio attraverso le infinite connessioni tra tecnologia, linguaggio, trasformazioni demografiche (meno gente che si sposa, gente che si sposa più tardi, un maggior rispetto per i diversi stili di vita).
E in Italia?
Se parliamo di orizzonte ci siamo: i dati sono in linea con gli altri paesi Ocse. Se parliamo di identità i dati sull’occupazione femminile italiana sono quelli degli USA nel 1986, anno in cui Atwood scrive Il racconto dell’Ancella. E se guardiamo all’autodeterminazione si allunga la strada verso le Ragazze elettriche. Il tasso di occupazione femminile è basso, una donna su quattro perde il lavoro quando fa un figlio, ma il presente è il miglior dato storico che conosciamo. Avanziamo continuamente, anche se a fatica, conquistiamo anno dopo anno, pancia a terra, uno spazio sempre più grande sul mercato del lavoro. Siamo sempre più consapevoli dei nostri desideri e progetti di vita: ma è nella dimensione delle relazioni affettive che si gioca la grande partita tra aspettative, desideri e ruoli. Le donne hanno un carico di lavoro domestico e di cura spropositato rispetto agli uomini, il matrimonio implica un 30% in più di possibilità di non lavorare, nel 39% delle coppie in età lavorativa lei non guadagna affatto e in un ulteriore 36% lei raggiunge al massimo i quattro quinti del guadagno di lui, spesso molto di meno.
Libere tutte di Cecilia D’Elia e Giorgia Serughetti (Minimum Fax, 2017) è un libro che si muove a partire da un presente in cui le conquiste femministe, la minaccia incombente a queste conquiste (si pensi all’aborto) e gli stili di vita, mai così liberi come oggi, configurano un tempo in cui le spinte, gli arresti e le contraddizioni delineano un panorama nuovo. Questo libro funziona da bussola, ricostruisce, smitizza, relativizza e traccia la strada attraverso la quale stabilire le coordinate di questo presente, un tempo che le autrici chiamano “non lineare” e che ci trova tese verso un desiderio di entrare nell’era dell’autodeterminazione a tutto tondo.
Barbara Leda Kenny
Barbara Leda Kenny dal 2006 lavora nell’area di pari opportunità della Fondazione G. Brodolini. I suoi filoni di intervento sono la violenza contro le donne, le donne nella scienza e la comunicazione di genere. Dal 2011 coordina inoltre le attività di comunicazione istituzionale della Fondazione. E’ socia fondatrice di Tuba, la libreria delle donne di Roma aperta nel 2007 che organizza il festival inQuiete, ideato da un gruppo di donne che condividono passioni e ideali, con un’esperienza di lungo corso nella produzione culturale: Viola Lo Moro, Francesca Mancini, Barbara Piccolo, Maddalena Vianello.